The Vegetarian Chance

So I am living without fats, without meat, without fish, but am feeling quite well this way. It always seems to me that man was not born to be a carnivore."(Albert Einstein) August 3, 1953


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The Vegetarian Chance al Festival FLAUER, Alassio, tra erbe spontanee e fiori

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FLAUER, Festival di Alassio dedicato ad erbe selvatiche, mixology botanica e sostenibilità alimentare, dedica uno spazio all’esperienza di The Vegetarian Chance e al ristorante Joia, dove il progetto nacque. Avverrà Sabato 5 aprile alle 12 a Diga Foranea. In quell’occasione Gabriele Eschenazi argomenterà come oggi l’opportunità (chance) vegetale debba essere colta per difendere la salute nostra e dell’ambiente senza tralasciare un dovere etico. A seguire Sauro Ricci, che insieme a Raffaele Minghini dopo Pietro Leemann, oggi guida il Joia (una stella Michelin), proporrà al pubblico Appunti di viaggio, un cestino da picnic vegetale, sano, nutriente e goloso. Diversi gli appuntamenti di FLAUER, che spazia oltre la Liguria ospitando la Sicilia, lontana geograficamente, ma vicina nell’esperienza mediterranea comune. Le modalità di incontro col pubblico vanno da talk, masterclass, show cooking, esperienze guidate all’aperto e cene dedicate a una gastronomia, che riprenda nei propri piatti erbe spontanee e fiori. Di seguito alcune proposte molto istruttive per chi ha scelto per la sua vita un percorso vegetariano/vegano in linea con la natura.

Sabato 5 alle 9.00 (navetta alla stazione)  Butterfly Watching  Escursione guidata con il naturalista e guida ambientale escursionistica Matteo Serafini sulle alture di Alassio alla scoperta delle farfalle del territorio e dei fiori che le nutrono. Sempre sabato in Piazza Partigiani alle 11.30 Emanuela Polidori insegna a dipingere con la cera e i colori dei fiori. Alle 17.00 all’Hotel dei Fiori MixOiIogy for Flauer, masterclass su nuovi utilizzi di oli extravergini di qualità, a cura della giornalista Daniela Ferrando. Domenica 6 alle 9.00 dal Porto Luca Ferrari si parte (su prenotazione) per una passeggiata botanica a cura della guida ambientale escursionista e forager Laura Brattel, che insegnerà a riconoscere le erbe spontanee. Alle ore 14.00 in Piazza Partigiani il bartender Salvatore Castiglione insegnerà a preparare a casa con fiori ed erbe digestivi, long drinks ed estrazioni botaniche analcoliche. Tutto il programma si può seguire qui.

 


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Vegetali a Identità Golose: si può dire di più

Sauro Ricci e Raffaele Minghini del Joia sul palco di Identità Vegetali

Una fogliolina verde nel menu accanto alle proposte. Sempre più ristoratori la usano per attirare l’attenzione su piatti a base vegetale del loro menu. È il segnale di un progressivo cambiamento di abitudini nei consumatori e nei cuochi, oggi più sensibili al valore della materia prima vegetale. Al Congresso di Identità Golose (22/24 febbraio Milano), giunto alla sua ventesima edizione, questa tendenza si è percepita con difficoltà e le Identità Future non possono prescindere da un’incidenza crescente della cucina vegetale anche a livello alto. Tre soli partecipanti alla sezione Identità vegetali e uno in sala grande. Troppo poco. Ci vuole più coraggio. È mancato l’accento ambientale e salutare nel messaggio vegetale, che in alcuni interventi è stato pure male interpretato come nel caso dei cuochi Davide Guidara (Sala grande) e Irina Stancanella spostata da Identità di Pizza e Identità Vegetali. Il primo ha inserito tra gli ingredienti del suo piatto i mono e digliceridi degli acidi grassi, un additivo (E471) dannoso per la salute, la seconda ha evidenziato una scarsa sensibilità verso le farine delle sue pizze quando proprio sulle farine integrali e multicereali si concentrano sempre più i nuovi cuochi pizzaioli consci della necessità di elaborare pizze più digeribili e salutari. Nell’approccio alla cucina vegetale nel mondo della ristorazione regna ancora molta confusione e poca coerenza. Salute, nutrimento, rispetto per l’ambiente, gusto sono principi irrinunciabili per ogni buona e corretta cucina vegetale, che dev’essere necessariamente anche gusto.

La Natura in questo è maestra sublime di Raffaele Minghini e Sauro Ricci

Di questo hanno parlato nello spazio Identità Vegetali Sauro Ricci e Raffaele Minghini, i continuatori di Pietro Leemann al Joia di Milano. Gli obiettivi di un ristorante sono insieme alimentazione e ristorazione, ha spiegato Ricci, che ha raccontato come al Joia si fa filosofia, non nel senso astratto del termine, ma come piattaforma per la conoscenza del cibo. E al Joia il messaggio arriva ai commensali non solo attraverso il palato, ma anche attraverso i nomi dei piatti che sono vere e proprie suggestioni: «ombelico del mondo», «quel sole tiepido d’inverno», «un indovino mi disse».

Vulcano dorato: una tatin di mele geometrica e colorata

Tra in principi guida del Joia c’è anche la riconoscenza, che secondo Ricci e Minghini, si deve ai maestri, alla famiglia e agli ospiti. Una nota personale è stata aggiunta da Raffaele Minghini, che ha raccontato come dal suo arrivo al Joia 13 anni fa si senta sempre più appagato dalla comprensione della potenzialità dei prodotti vegetali«Il cibo parla di noi, di cosa siamo e di cosa possiamo diventare. Perché il cibo nutre su più livelli ed è importante sceglierlo in maniera adeguata» hanno ribadito i due chef presentando due piatti: La Natura in questo è maestra sublime e Il vulcano dorato. Il primo è consistito in foglie croccanti invernali appoggiate su un patè di edamame e accompagnate da un tempeh arrostito e un salsa saor a base di scalogno. Tra le verdure spiccano le puntarelle posizionate in rampa di lancio verso l’alto in contrapposizione alle radici che guardano alla profondità: riflessioni sul futuro da sviluppare. Il secondo è stato una concessione alla gola: una tatin di mele in millefoglie e ben caramellata, frolla di mais, salsa ai frutti di bosco e crema speziata alla vaniglia. Mele fragranti vengono lamellate e cotte in millefoglie per formare una mattonella poi glassata al caramello e adagiata su un biscotto e una salsa ai frutti di bosco.

Il mio giardino di Caterina Ceraudo

Un’altra protagonista di spicco dello spazio Identità Vegetali è stata Caterina Ceraudo del ristorante (non vegetariano) Dattilo di Strongoli (Crotone). Ha posto l’accento sulla biodiversità della Calabria e sugli insegnamenti ricevuti dal padre agricoltore biologico. Tra i suoi principi irrinunciabili ci sono quello di conoscere sempre la provenienza della materia prima e di trasformare gli scarti in preparazioni. Il suo credo è una cucina di stagione salutare basata su prodotti locali e innovativa nella proposta. Per questo nel suo ristorante, una stella Michelin, propone un menu specifico per ogni stagione. Sul palco di Identità Vegetali ha presentato Il Mio Giardino e Il Risotto con cavolfiore e nocciole. Il primo era costituito da una varietà di brassicacee trattate ciascuna in modo di diverso. Così il broccolo è diventato un gelato, il cavolo cappuccio è stato trasformato in parte in estratto e in parte condito in carpione con aceto e cipolle, il cavolo nero e la verza hanno subito due diverse marinature, il cavolo cinese verde è stato lavorato con olio affumicato e timo. Il risultato è un piatto colorato dai molteplici sapori delicati e dalle diverse consistenze. Da apprezzare la capacità della cuoca calabrese nel riuscire a valorizzare verdure, non sempre popolari a causa del loro aroma e gusto invadenti e della loro consistenza a volte coriacea. Con il risotto Caterina Ceraudo ha un po’ sconfinato al nord usando Carnaroli invecchiato, brodo di cavolfiore e crema di nocciole per mantecare. Tre soli ingredienti per un risotto dal gusto intenso anche senza formaggio o brodo di carne. Speriamo che qualche chef milanese abbia preso nota. 

Caterina Ceraudo in azione nel suo orto in Calabria. http://www.instagram.com/p/CrLOfXXt4tr/

Sul palco centrale Cinzia De Lauri e Sara Nicolosi coadiuvate da Caterina Perazzi, tutte di scuola Pietro Leemann, hanno raccontato la loro avventura con la loro creatura Al Tatto, un’oasi di alta cucina vegetariana nel quartiere Greco di Milano.

Cinzia De Lauri e Sara Nicolosi di Al Tatto, Milano

Il progetto partito inizialmente come catering, da qualche anno, è diventato un ristorante dove si viene per vivere un’esperienza e anche un po’ giocare. La cucina è vegetariana (vegana su richiesta) e si distingue per la cura nella presentazione e l’accostamento delicato dei sapori. Anche per queste cuoche il territorio è molto importante e ultimamente la loro area di elezione è diventata la Valtellina definita «un luogo dell’anima» e dove hanno trovato nuovi amici produttori. A Identità Golose hanno presentato per primo Tarè, una rappresentazione del suolo dopo il disgelo a base di orzo, che in Valtellina le famiglie mangiano tutte insieme da una grande ciotola in pietra con un cucchiaio in legno. Nel piatto arriva prima la terra che consiste in polvere di salvia, aglio alla brace, glassa di mele selvatiche, riduzione di aceto e foglie di cavolini di Bruxelles. Sopra questa “terra” viene successivamente appoggiato un orzotto mantecato con burro e parmigiano. Da notare che per far vivere ai commensali un’esperienza valtellinese completa, bicchieri e recipienti sono stati realizzati da artigiani locali su progetto della designer Maddalena Salvini.

Tarè valtellinese di Cinzia De Lauri e Sara Nicolosi

Suggestivo il secondo piatto “fungo alla pechinese” dove la tradizionale anatra è stata sostituita da un fungo abbrustolito senza rinunciare alle caratteristiche crepes e il ripieno di verdure. I commensali vengono invitati a toccare  e completare il loro piatto nello stile tipico di questo ristorante tattile.

Fungo alla pechinese da comporre in tavola alla maniera di Al Tatto


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Cronache veg dal congresso di Identità Golose 2022

Pietro Leemann e Sauro Ricci durante il loro show cooking presentato dalla giornalista Eleonora Cozzella

Ormai immersi da tre anni in un presente a dir poco problematico conviene riporre le proprie speranze negli anni a venire e così ha fatto il congresso di Identità Golose (Milano MiCo Milano 21/23 aprile) dandosi come tema «Il futuro è oggi». Su questa falsariga si era svolto anche il Festival The Vegetarian Chance del 2019 intitolato appunto «Il domani del cibo è oggi». Per quanto ci riguarda avevamo voluto indicare allora nel nostro titolo un percorso lineare per annullare gli effetti dell’emergenza climatica: più dieta vegetariana e vegana, meno consumi di prodotti animali, più agriecologia, meno agricoltura industriale, più difesa della biodiversità, meno deforestazione e consumo di suolo. Il congresso di Identità Golose è stato animato come sempre dal giornalista Paolo Marchi, cofondatore dell’evento con Claudio Ceroni. Da loro l’idea di futuro è stata proposta nelle forme più diverse, a volte anche contraddittorie. Molti cuochi hanno visto la chiave del cambiamento semplicemente in una diversificazione delle ricette o degli ingredienti, ma ce ne sono stati anche altri che si sono spinti più in là con progetti concreti sia sociali che ambientali.
È il caso di Massimo Bottura con il progetto Refettorio pensato con la moglie Lara Gilmore e che in diverse città italiane ed estere distribuisce pasti a migliaia di persone e combatte lo spreco alimentare. Sempre promosso dallo chef modenese è anche il progetto Roots riservato alle donne immigrate sole. «Penso a un mondo dove non c’è bisogno di specificare se chef sia uomo o donna, ma semplicemente una persona di talento; un mondo in cui l’apertura di un Refettorio, non faccia più notizia, ma che l’idea, il seme sia sparso in ogni angolo della terra, affinché il cibo non venga sprecato, e vite non siano sciupate sotto il peso di un’ingiusta distribuzione di risorse. Dove chi arriva da un paese lontano, possa accogliere futuro in grembo, e rinascere in una cucina, come le donne di Roots, emigranti mamme single, e cuoche che ci offrono la possibilità di contaminare le nostre tavole e nutrirci del pane della diversità, la forma di ricchezza più sottovalutata» ha spiegato al pubblico Bottura.

Massimo Bottura con la sua squadra de La Francescana a Identità Golose. Credit: Brambilla/Serrani

Carlo Cracco, Corrado Assenza, Antonia Klugmann e Virgilio Martinez

Del suo impegno nei paesi in via di sviluppo ha parlato Carlo Cracco: «Recentemente con l’Ifad (Investing rural people) sono stato in Sri Lanka a sostegno di un importante progetto rivolto a sostenere le famiglie di agricoltori e le comunità rurali nelle zone più povere. Per due anni era rimasto tutto fermo, si sentivano abbandonati e senza supporto. Non dobbiamo pensare solo ai diritti, ma essere pronti a difendere ciò che è di tutti. Come la terra, appunto, che non può diventare una gara alla conquista». Da tralasciare invece il suo elogio del budino animale, «il piatto con midollo che rappresenta Milano». Confidiamo che nel rappresentare Milano ci si possa riferire a piatti più rispettosi del Pianeta.
Il valore materiale e anche spirituale del suolo e della terra, che ci dà nutrimento sono stati ribaditi da Corrado Assenza: «Io ho bisogno di sentire i profumi, di avere i vegetali tra le mani, essere in pace col creato…per poi poter avere la serenità di cucinare per gli altri», ha detto.
Pace con il suolo, ma anche con gli animali come ci insegna Antonia Klugmann. «È risaputo, dalla mia cucina ho bandito ingredienti quali foie gras, caviale, aragoste, prodotti che nel mio ristorante Vencò non ci sono e io credo che l’ego del cuoco non possa essere più importante dell’ambiente», ha detto la chef triestina, due volte a The Vegetarian Chance: nel 2014 come concorrente e nel 2017 come giudice.

Antonia Klugmann con il professor Stefano Bocchi a TVC 2017 in giuria

Dal Perù un messaggio di amore per la Terra è arrivato da Virgilio Martinez da anni impegnato in Mater, un prezioso censimento degli ingredienti del suo paese. Martinez ha presentato con sua moglie Pia Leòn un suo lavoro sul Macambo, un superfood andino pianta sorella del cacao, della quale utilizza ogni sua parte combinata col melone pepino.
Molto movimentata sul piano vegetale è stata la sala di Identità di Champagne, dove Davide Guidara ha raccontato la sua cucina veg al Therasia Resort a Vulcano (Messina). «Dobbiamo cambiare il nostro background culturale, perché le verdure sono sempre state considerate solo un contorno» ha spiegato proponendo il suo «cardoncello alla brace». All’accoppiata champagne vegetali hanno aderito anche Cinzia de Lauro e Sara Nicolosi di Al Tatto, un intimo bistro vegetariano, che a MIlano sta avendo un meritato successo. Le due cuoche, scuola Pietro Leemann, hanno proposto una versione vegetale del fondo bruno con topinambur tostati e glassa di peracotogna, porro essicato polverizzato, burro di nocciola e aceto di mele per alleggerire e sgrassare. Un esercizio di gusto piuttosto ardito, ma riuscito.

Pietro Leemann e Himanshu Saini

Gli spätzle croccanti di Leemann e Ricci

L’emblema della cucina vegetariana in Italia Pietro Leemann, presidente di The Vegetarian Chance, si è presentato per due volte e sempre in coppia: la prima con il professor Nicola Perrullo, professore ordinario di Estetica all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e la seconda con Sauro Ricci, executive chef del ristorante Joia. «Non facciamo altro che dare enfasi a parole come “esperienza”, “olistico”, adesso dimostriamo tutto questo nel concreto. E più di tutto, per raggiungere il vero risultato, iniziare a cooperare invece di competere», ha detto il professor Perrullo, sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda di Pietro Leemann, da sempre fautore della condivisione e della cooperazione. Il ruolo dello chef, secondo il fondatore del Joia, dev’essere quello di trasferire nell’ospite il senso e il valore di una trasformazione: avvicinarsi a un cibo il più puro e perfetto possibile con la natura, che ne è unica e vera protagonista. Leemann e Ricci hanno poi presentato nella sezione Identità di Pasta degli spätzle croccanti giallo curcuma, ricchi di sapore e ingredienti locali e di stagione. Gli spätzle nella cucina altoatesina e valtellinese sono un contorno alle carni e dunque a parte il burro e il formaggio non vengono dotati di altri sapori. In questo caso invece Leemann e Ricci ha dato nobiltà vegetariana al piatto con verza croccante, bitto, polveri di cavolo nero e rosso, zucca e per completare il tutto poche gocce di olio all’aglio orsino.

Himanshu Saini

Che il futuro sarà vegetariano non poteva venire a ribadirlo a Identità Golose (sezione il Futuro è loro) altro che un indiano, Himanshu Saini, che cucina non per caso a Dubai al Trésind Studio. Himanshu si è infatti proposto di far conoscere al mondo la gastronomia del suo paese, dove circa il 40 per cento della popolazione (1,4 miliardi) non si nutre di proteine animali. A ispirare i suoi piatti è l’Ayurveda, una medicina tradizionale ormai molto nota anche da noi, che al centro della sua concezione ha le nostre energie vitali, i dosha. Da vero ambasciatore culinario Himanshu ha presentato un piatto, dove ha ripreso gli ingredienti di tutte le regioni dell’India, un continente più che una nazione.

Il piatto panindiano di Himanshu Saini

Riso e lenticchie e spezie, erbe e frutti da ogni regione. Ogni sapore può essere avvertito singolarmente, ma anche unito agli altri mescolando. L’effetto è avvolgente senza alcun sapore, che ne sovrasti un altro. Persino il timore per l’annunciato peperoncino più piccante al mondo svanisce in questa sintesi di India. 

La pizza gourmet e veg di Pier Daniele Seu

Pizza Assoluto di tuberi con crema di rapa rossa, patate americane, julienne di carote varie, arachidi tostate, crema di pastinaca, una spolverata di mix spezie “Sud Africa”.

La pizza è forse il piatto italiano che più mette d’accordo onnivori, vegetariani e vegani. Il suo problema è che è molto ripetitiva negli ingredienti. Per un vegano spesso l’unica opzione è la marinara magari con l’aggiunta di qualche verdura alla griglia se il pizzaiolo è benevolo. Per questo c’è da accogliere con piacere Pier Daniele Seu e sua moglie Valeria Zuppardo che nella loro pizzeria di qualità a Roma Seu pizza illuminati, propongono molte pizze a base vegetale. Al congresso di Milano sono riusciti a fare due proposte di qualità che puntano a conquistare il pubblico con un richiamo a gusti molto popolari. La prima è stata la «pizza soffritto», dove carote e cipolla sono aggiunte sottili e croccanti, mentre il sedano è aggiunto alla fine ghiacciato. In questo modo il sapore delle verdure è accentuato e arricchisce la pizza. La seconda è stata la «pizza Spritz» , dove tutto ciò che ricorda questo inflazionato aperitivo è presente in forma adatta a una pizza: le patatine diventano una crema di patate al limone, le arachidi un crumble e lo Spritz un gel. Pizze innovative da un vero cuoco, non più il classico pizzaiolo anch’esso ormai piuttosto annoiato nel suo ruolo ripetitivo.