The Vegetarian Chance

So I am living without fats, without meat, without fish, but am feeling quite well this way. It always seems to me that man was not born to be a carnivore."(Albert Einstein) August 3, 1953


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La guida d’Identità Golose: il veg c’è, ma non si vede

Davide Guidara di Vulcanello premiato alla Triennale di Milano il 7 marzo

La Guida di Identità Golose  curata da Paolo Marchi, propone come sempre una ricca panoramica della ristorazione italiana ed estera (1055 insegne tra cui 100 pizzerie e 153 locali segnalati in 30 paesi). La sua ultima edizione online è stata presentata a Milano alla Triennale il 7 marzo di fronte a un pubblico di addetti ai lavori, giornalisti e comunicatori. Alla guida sono da sempre associati dei riconoscimenti ai giovani ristoratori e ristoratrici che si sono distinti in un particolare settore. Le categorie sono 19  e vanno dal migliore e la migliore chef fino ai migliori pasticciere, pizzaiolo, maître, sommelier, food writer, sperimentazione in cucina, contaminazioni. Nessuna di queste categorie fa riferimento alla sostenibilità o alla cucina vegetale. Un’assenza che pesa per i tempi che stiamo vivendo. Eppure sarebbe bastato riferirsi alla categoria Identità naturali che esiste già al congresso e che di solito propone chef vegetariani e vegani. Poi se invece di “Identità naturali” si passasse a “Identità vegetali” sarebbe un passo avanti anche nel senso della chiarezza. Tra i premiati ve ne sono alcuni che si distinguono per essersi avvicinati completamente o parzialmente alla cucina vegetale. Tra questi il primo è Davide Guidara del ristorante vegetariano I Tenerumi del Therasia Resort, Vulcanello (Messina). È stato inserito nella categoria Sperimentazione in cucina, che lascia intendere come per i vegetali nella cucina italiana sia richiesto ancora molto impegno per passare dalla fase della “sperimentazione” a quello della “applicazione” stabile nei menu. Il tempo, però, stringe e una cucina più sostenibile a base vegetale richiede una diffusione più ampia e più stabile. Come  Guidara in sede di premiazione ha spiegato cucinare i vegetali richiede una maestria specifica per esaltarne il gusto. E nelle scuole di cucina italiane ancora troppo poco spazio viene dedicato al trattamento di verdure, legumi e frutta. Della sua scelta Guidara va orgoglioso e così la spiega nel sito del ristorante: Il nostro essere vegetariani non si ferma alle sole proposte in menù, è una vera filosofia di vita: supportiamo il rispetto e salvaguardia dell’ambiente in tutta la filiera, coltivando i prodotti nel nostro orto, utilizzando ingredienti di origine biologica e sfruttando l’energia che arriva dai nostri impianti solari e fotovoltaici. La sua proposta consiste in un menu degustazione di 12 portate a sorpresa accompagnate ciascuna da una bevanda specifica in abbinamento. Tra i piatti proposti Carlo Passera sulla guida di Identità Golose segnala: melanzana, aglio e menta, “autentico capolavoro”, carnoso, voluttuoso, col contrasto caldo-freddo, lenticchie, alghe, fagiolo cosaruciaru e miso al pistacchio. Premiato come “Miglior pizzaiolo” Pier Daniele Seu di Seu PIzza Iluminati di Roma segnala lodevolmente nel suo menu le pizze vegetariane e vegane. Peccato che queste ultime siano solo due, delle quali una è la classicissima marinara. L’altra è Assoluto di funghi, mono ingrediente. Tra i dessert ne manca almeno uno a sola base vegetale magari evitando l’eccessiva presenza della ricotta in quasi tutte le ricette.

Il menu di Seu PIzza

L’indiano Himanshu Saini del Trèsind Studio, Dubai (Emirati Arabi Uniti) è stato premiato come il miglior giovane chef internazionale. Nel presentarsi ha spiegato come ha fatto sua la missione di far conoscere la cucina indiana al di fuori del suo paese in tutti i suoi sapori e profumi. E per farlo nel suo ristorante ricorre anche a piatti molto semplici, popolari e vegetali come il khichuri o khichdi a base di riso e lenticchie. In un’intervista a Euronews Saini spiega come questo piatto a base vegetale abbia una lunga storia e sia preparato in tutta l’lndia da ogni famiglia con ingredienti propri. Per questo nel suo ristorante è proposto con 20 condimenti diversi provenienti da diverse regioni e tra questi lo zafferano di Jammu, le mele verdi dell’Himachal Predesh o il chutney di papaya di Guirat. Un solo piatto per un lungo viaggio. Ai vegetali Saini attribuisce un ruolo importante nel suo menu anche se non esclusivo come si potrebbe sperare da un cittadino del paese più vegetariano del mondo.

Il viaggio in India attraverso il piatto di riso e lenticchie di Himanshu Saini

La Guida di Identità Golose online, disponibile anche in applicazione, non facilita il compito a chi vorrebbe trovare un ristorante almeno “amico” di vegetariani e vegani. Spulciando le diverse schede è possibile tuttavia notare come nei menu di molti chef i vegetali hanno assunto un ruolo quasi paritario a quello delle materie prime animali. Un indicatore importante per percepire come l’innovazione culinaria stia interessando materie prime per lungo tempo snobbate. Fare risaltare questa tendenza sarebbe una scelta opportuna per Identità Golose, che non per questo contaminerebbe la sua storica vocazione pluralista onnivora.

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Una cartolina dal Giappone: Tomohiro Uetani/A card from Japan: Tomohiro Uetani

Tomohiro Uetani nel suo ristorante bio Hinome nel sud del Giappone

Il nostro progetto ha da sempre un occhio di riguardo verso il Giappone tanto che proprio a Tokyo in piena pandemia si è svolta un’edizione locale di The Vegetarian Chance. Il paese del Sol Levante non si caratterizza per essere più vegetariano di altri, tuttavia è un paese dove la cultura del cibo molto si adatta all’idea della cucina vegetale che come The Vegetarian Chance cerchiamo di promuovere. Una cucina accattivante sul piano estetico, dalle molteplici consistenze, nutriente, equilibrata e attenta alla qualità della materia prima. In Italia cucina giapponese significa automaticamente “sushi”, eppure è un errore così come la cucina italiana non può significare automaticamente “pizza e spaghetti”. Gli chef che hanno partecipato ai nostri Festival e al concorso di Tokyo hanno dimostrato una capacità creativa incredibile unita a una filosofia di rispetto per l’ambiente e la salute.
Accogliamo così con particolare piacere e curiosità questa «cartolina dal Giappone» di Tomohiro Uetani, classe 1993, chef del ristorante Hinome a Kitamachi Kameyama, 400 chilometri a sud di Tokyo. Si tratta del primo ristorante biologico della prefettura di Mie posizionato in un ex-magazzino di miso circa cento anni fa. Tomohiro prepara qui piatti a base vegetale, che valorizzano il gusto originale degli ingredienti locali. In Giappone la cultura del cibo biologico è ancora poco diffusa e quindi ci vuole anche coraggio nel proporla. Come spesso succede ai cuochi nostrani anche Tomohiro ha avuto una nonna cuoca che lo ha educato all’arte dei fornelli. Si è prima diplomato alla scuola Tsuji di Osaka e poi si è formato in un ristorante francese stellato in Giappone. La tappa successiva è stata l’Australia, che gli ha dato una visione più internazionale. E oggi è tornato nella sua città natale con le idee ben chiare non basta che il cibo sia gustoso: deve anche aiutare a prevenire le malattie e non essere mai sprecato come avviene con ogni bene prezioso.
Nel suo sito si rivolge ai suoi clienti dicendo: «Il nostro paese ha problemi di cultura alimentare, di malattie e di spreco. Da noi potrete assaporare piatti cucinati con cura e riflettere sui problemi che ci affliggono. Qui da Kameyama con la sua storia guardiamo al futuro con l’intento di imprimere con la nostra filosofia una svolta alle idee della società sul cibo».

Zucca butternut arrostita con frutta secca

Ecco uno dei piatti semplice e gustosi descritto da Tomohori:

Zucca arrostita con yogurt e frutta secca

La caratteristica di questo piatto è quella di proporre insieme un gusto tra il dolce e l’acido e consistenze sia croccanti che cremose. Gli ingredienti sono zucca butternut, mandorle, noci, pinoli, yogurt (anche vegetale), spezie (a scelta e gusto). Per prepararlo ho arrostito la zucca butternut nel forno. Ho fatto sgocciolare lo yogurt e ne ho ricavato un siero che ho cotto con la polpa di zucca. Allo yogurt ho aggiunto delle spezie e creato così una salsa che ho messo sopra la zucca con la frutta secca tostata.

 

 

 

 

Translation with Deepl

Our project has always had an eye on Japan, so much so that a local edition of The Vegetarian Chance was held in Tokyo at the height of the pandemic. The country of the Rising Sun is not characterised by being more vegetarian than others, but it is a country where the food culture is very much in tune with the idea of vegetable cuisine that we, as The Vegetarian Chance, seek to promote. A cuisine that is aesthetically appealing, with multiple textures, nutritious, balanced and attentive to the quality of the raw materials. In Italy, Japanese cuisine automatically means ‘sushi’, but this is a mistake, just as Italian cuisine cannot automatically mean ‘pizza and spaghetti’. The chefs who took part in our festivals and the competition in Tokyo demonstrated incredible creative ability combined with a philosophy of respect for the environment and health.
It is with particular pleasure and curiosity that we welcome this “postcard from Japan” from Tomohiro Uetani, born in 1993, chef of the Hinome restaurant in Kitamachi Kameyama, 400 kilometres south of Tokyo. This is the first organic restaurant in Mie prefecture, located in a former miso warehouse about a hundred years ago. Here, Tomohiro prepares plant-based dishes that enhance the original taste of local ingredients. The culture of organic food is still not widespread in Japan, so it takes courage to propose it. As is often the case with local chefs, Tomohiro also had a grandmother who was a cook and educated him in the art of cooking. He first graduated from the Tsuji school in Osaka and then trained in a starred French restaurant in Japan. The next stop was Australia, which gave him a more international outlook. And today he has returned to his hometown with clear ideas: it is not enough for food to be tasty, it must also help prevent disease and never be wasted, as is the case with any precious commodity.
On his website he addresses his customers saying: “Our country has problems with food culture, disease and waste. Here you can enjoy carefully cooked dishes and reflect on the problems we face. Here at Kameyama, with its history, we look to the future with the intention of using our philosophy to change society’s ideas about food.

Roasted butternut squash with dried fruit

Here is one of the simple and tasty dishes described by Tomohori:

Roasted butternut squash with yoghurt and dried fruit

The characteristic of this dish is that it combines a sweet and sour taste with both crunchy and creamy textures. The ingredients are butternut squash, almonds, walnuts, pine nuts, yoghurt (also vegetable), spices (to taste and choice). To prepare it, I roasted the butternut squash in the oven. I drained the yoghurt and obtained a whey which I cooked with the pumpkin pulp. I added spices to the yoghurt and created a sauce which I put on top of the pumpkin with the roasted nuts.

Translated with http://www.DeepL.com/Translator (free version)


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Siate un po’ veg. Il consiglio di Allan Bay ai ristoratori

bell-pepper-173194_1920I ristoranti e soprattutto i cuochi faticano ad adeguarsi alla nuova realtà, che vede crescere la richiesta di piatti vegetariani e vegani da parte di clienti più attenti all’ambiente e alla salute. Cosa si chiede esattamente? Non un piatto senza carne qualsiasi tipo una caprese o una pasta al pomodoro. Si chiede un piatto vegetale interessante, innovativo o anche delle tradizione, ma ben cucinato e con materie prime di qualità. E questo si trova sempre più spesso nei locali di alta gamma, ma molto meno e anzi quasi per niente in ristoranti medi adagiati su una comoda e rassicurante routine. Di questo problema, indicato da The Vegetarian Chance fin dal 2014, si è accorto il noto giornalista e scrittore enogastronomico Allan Bay, che nel sito

Allan Bay

Allan Bay

Civiltà del Bere dispensa consigli veg ai ristoratori ed esprime alcune sue riflessioni sul tema. E fin qui non ci sarebbe che da accogliere positivamente questo invito. Peccato, però, che Bay eviti di prendere posizione sul tema ambientale e si appropri di ruoli, che non gli sono propri come quello del nutrizionista. Dice Bay: Rispetto tutte le scelte individuali, qualunque sia la motivazione. Con un grosso limite: io le rispetto ma voglio essere rispettato per le mie, onnivore. Chi si considera “superiore” a me per sue scelte etiche personali, grazie no. C’è da comprendere l’insofferenza di chi si sente fare la lezione su un tema delicato come il proprio menù, però la scelta di nutrirsi a base di prodotti  vegetali non è una scelta etica personale come scrive il giornalista. È una scelta etica in favore della collettività, una scelta di condivisione in favore dell’ambiente. Chi invece continua a consumare prodotti animali in abbondanza non fa che contribuire ad aumentare l’emergenza climatica e sanitaria. Non si tratta di due scelte, che possono essere messe sullo stesso piano. Senza voler trasformare ogni vegetariano o vegano in un petulante missionario è innegabile che dichiarare al ristoratore di non desiderare nel proprio piatto prodotti animali ha ormai un significato “politico”.  Nelle vesti di nutrizionista Bay afferma correttamente che una dieta equilibrata è possibile in entrambi i casi (vegetariani e vegani). Peccato che ometta di dire quanto la dieta onnivora non sia quasi mai equilibrata di per sé. Non per caso non tramontano gli appelli alla dieta mediterranea e a un maggior consumo di frutta e verdura. Dunque sapersi nutrire per la salvaguardare la propria salute è una necessità di tutti e richiede comunque un aumento dei consumi di vegetali. Bay minimizza poi la crescita dei consumatori veg ignorando che le statistiche su quante persone si dichiarino vegetariane o vegane non siano del tutto indicative.

Sylvester Schatteman barbabietola marinata

Sylvester Schatteman. Barbabietola marinata. TVC 2019 Credit. Andrea Battaglini

Questi dati infatti non tengono conto di chi ha diminuito il consumo di carne, di chi acquista prodotti vegani pur essendo onnivoro e chi nel suo piatto mette più frutta e verdura. Poi Bay scrive: C’è una variabile, della quale sono molto convinto, che però è quasi impossibile da verificare: che comunque i veg hanno un livello di reddito relativamente elevato, quindi la loro capacità di spesa è maggiore del loro numero. Nutrirsi con prodotti vegetali non è più costoso. Lo sembra solo perché il prezzo della carne è irreale dato che non contiene il prezzo ambientale che paghiamo tutti per produrla. E forse la vere variabili non sono il reddito, ma la consapevolezza e la cultura. Quanti contadini delle nostre regioni del sud a basso reddito si nutrono di ottimi vegetali perché sanno qual è il vero prezzo della carne e quanto sia sana la loro dieta secolare? Infine Bay invita i cuochi a non fare i “nutrizionisti”. Scrive: Attenzione: siete cuochi, non nutrizionisti, quindi cercate di fare piatti buoni, e non nutrizionalmente corretti. La gente al ristorante non conta calorie o proteine, si “contenta” di buoni piatti. È innegabile che cucinare un buon piatto sia il primo obiettivo di un cuoco, ma non è vero che l’equilibrio nutrizionale e la salubrità non siano importante. Infatti ai partecipanti del nostro concorso chiediamo di presentare piatti nutrizionalmente equilbrati.  Perché al cuoco non dovrebbe stare a cuore la salute del cliente? Non dovrebbe forse scegliere materia prima di qualità? Limitare il sale e lo zucchero? Non esagerare con i condimenti? Friggere poco e sano? Evitare di proporre piatti anneriti dalla fuliggine (come certe pizze)? Saper cuocere le verdure in modo da conservare i loro elementi nutritivi? Non sono tutte questi compiti propri di un cuoco?