The Vegetarian Chance

So I am living without fats, without meat, without fish, but am feeling quite well this way. It always seems to me that man was not born to be a carnivore."(Albert Einstein) August 3, 1953


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In Svizzera si vota per proteggere la biodiversità

Sì alla biodiversità in Svizzera con Pietro Leemann

La biodiversità vegetale e animale che stiamo progressivamente perdendo è vitale per la nostra esistenza. In tempi di emergenza climatica la biodiversità ci consente di avere alternative a piante non più adatte al nuovo clima senza ricorrere a chimica o OGM. La biodiversità fa bene al nostro organismo dato che ci mette a disposizione vegetali ricchi di sostanze nutritive salutari. La biodiversità fa bene al menu dato che ci porta in tavola in ogni stagione colori e sapori diversi. La biodiversità fa bene agli agricoltori, che in situazioni di avversità climatiche possono difendere la loro capacità produttiva. La biodiversità è cultura e poesia a difesa del Pianeta. Mangiare tutti le stesse mele, lo stesso mais, gli stessi cereali, le stesse insalate e così via è sintomo di degenerazione culturale ed etica.

Le argomentazioni del comitato ticinese del Sì per l’iniziativa sulla biodiversità in votazione il prossimo 22 settembre.

Sorgente: «Sono a rischio le basi della nostra vita. Sull’Iniziativa tante favole e menzogne» – Ticinonline


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Al congresso di Identità Golose 2024 una chance ai vegetali

Antonia Klugmann sul palco centrale di Identità Golose

Un piatto a base vegetale è stato quest’anno il simbolo di Identità Golose 2024. Una vera e propria «disobbedienza» alla storia di questo congresso dove i prodotti animali sono da sempre predominanti e che quest’anno ha scelto appunto come tema: Non esiste innovazione senza disobbedienza.

Il piatto vegetariano simbolo di Identità Golose 2024 firmato da Antonia Klugmann

A elaborare questo piatto «Ravioli alle erbe e rapa bianca» è stata Antonia Klugmann, una chef che ha partecipato a due edizioni di The Vegetarian Chance, la prima in veste di concorrente nel 2014 al ristorante Joia con Pietro Leemann. E la seconda nel 2017 in veste di giurata. Klugmann pur non essendo una chef vegetariana non ha mai nascosto il suo interesse per l’ambiente anche in cucina dove ha sempre dato molto spazio ai prodotti vegetali. «Questo piatto è rappresentativo del mio percorso decennale e con esso ho voluto esprimere il mio amore per le erbe. Il ripieno è composto da purea di acqua e mandorle neutre, non amare, una rucola rara, prezzemolo del nostro orto, foglie di rapa navone e di cima di rapa da taglio. Erbe molto specifiche, figlie della stessa stagionalità». Il percorso decennale del quale parla Klugmann era iniziato nel 2014 proprio quando partecipò alla prima edizione del concorso The Vegetarian Chance al ristorante Joia con i concorrenti coordinati da Sauro Ricci. In quell’occasione la giuria, presieduta da Pietro Leemann e che comprendeva anche Gualtiero Marchesi, si classificò terza con la menzione speciale «Cucina vegetariana del futuro». I piatti che presentò allora furono: «Spinacino selvatico, piantaggine, rose e carcadè» e «Il fiore della zucchina affumicato e la nostra senape».

Antonia Klugmann “Spinacino selvatico” presentato nel 2014 alla prima edizione di The Vegetarian Chance dove si classificò terza

Le erbe erano già l’asso nella manica della chef. In entrambi i piatti si potevano avvertire sapori intensi, ma equilibrati così da non coprirsi a vicenda. Nei piatti ogni ingrediente aveva conservato perfettamente il suo aspetto naturale pur essendo stato cucinato e arricchito di sapori. Il 28 maggio 2017 Antonia Klugmann fece parte della giuria della quarta edizione del concorso The Vegetarian Chance presieduta come sempre da Pietro Leemann. Con i suoi voti contribuì a premiare l’olandese Gijs Kemmeren e il peruviano Rafael Rodriguez, secondo classificato.

Antonia Klugmann con il professor Stefano Bocchi a TVC 2017 in giuria

Lo spazio dedicato alla sezione Identità Vegetali è stato quest’anno piuttosto ampio e la motivazione è stata ben spiegata da Carlo Passera durante l’apertura. «Sono nati nuovi chef che valorizzano la materia prima vegetale. Fanno una scelta di buon gusto e una scelta oggettiva al palato», ha detto. Passera, che è stato uno dei giudici all’ultima edizione di The Vegetarian Chance il 13 ottobre 2019 a Torino. Il suo pensiero ricalca in parte quello che è stato l’obiettivo di The Vegetarian Chance sin dalla sua nascita e cioè quello di dimostrare come la cucina a base vegetale possa raggiungere grandi livelli di gusto e qualità. A differenza però dell’approccio strettamente gastronomico di Identità Golose noi di TVC abbiamo sempre pensato che la qualità del cibo vegetale risieda anche nell’etica dei prodotti che si usano e nel pensiero che c’è dietro ogni ricetta.
Il primo a salire sul palco di Identità Vegetali è stato lo chef Davide Caranchini del ristorante Materia di Cernobbio, dove c’è disponibile il menù vegetariano Green Power al costo di 100 euro. Ha presentato Cetriolo alla scapece, una ricetta molto complessa che prevede un uso completo di tutte le parti della materia prima buccia compresa. A impreziosirlo un’aggiunta di un inedito «caviale di terra» ricavato dalla pianta asiatica bassia scoparia.

Davide Caranchini sul palco di Identità Vegetali

A seguire altri piatti molto pensati come una «burrata» ottenuta da pinoli e crema di pinolo, un risotto mantecato a freddo con «burro di olive» e insaporito con estrazione di semi coriandolo. E a chiudere spazio alla «banale» carota, disidratata, reidratata in succo fermentato di carote e accoppiata a una base di purea di semi di zucca e miso, una senape con erbe e mele e una vinaigrette di carote e agrumi.
«Orto libera tutti» è il progetto sociale presentato da Francesco Vincenzi della Franceschetta di Modena. Un orto biologico in un carcere che rifornisce di materia prima il ristorante. La sostenibilità umana si associa a quella della natura. Particolarmente interessante è la sua Patata Arrosto, un piatto composto a base di gnocchi di patate, salsa di patate emulsionata con olio all’aglio e rosmarino, fondo di buccia di patate e patatine arrosto. Solo patate eppure sapori e consistenze diverse. Sul palco è poi salito Ariel Hagen del ristorante Saporium di Borgo san Pietro, dove un ristorante vive connesso con un’azienda agricola impostata sull’agricoltura rigenerativa. Rigenerativo per il nostro organismo è anche il Fermentation Lab, dove si elaborano cibi salutari per l’intestino. Proprio da questo laboratorio Hagen ha proposto in assaggio un delicato kombucha al mandarino e zafferano.

Ariel Hagen durante la preparazione di un piatto a Identità Vegetali

Il pugliese Michele Cobuzzi del ristorante Anima dell’hotel Milano Verticale ci ha insegnato che non di solo pomodoro e mozzarella vive il panzerotto. Cobuzzi si è talmente milanesizzato che ha riempito il panzerotto di verza brasata. In una vera sfida è consistito il suo secondo piatto: una scarola lavorata come un arrosto, legata con uno spago, condita e cotta sulla brace.
Per arricchirne il sapore Cobuzzi ha ideato prima un fondo di verdure, susine, aglio, zenzero ed erbe aromatiche, e poi un condimento a base di olio al levistico, crumble di arachidi, foglia di radicchio e timo.
A chiudere la giornata dedicata ai vegetali ci ha pensato la prestigiosa Enoteca Pinchiorri che propone già da diversi anni un menù degustazione vegetariano: Madre Terra.
Sul palco a illustrare il menù ci hanno pensato Riccardo Monco e Alessandro Della Tommasina, che hanno poi messo in assaggio un piatto di lumachine di pasta finite di cuocere in succo di rabarbaro fresco e poi servite con un gelato di cavolo rosso e gocce di olio di pino marittimo. La mantecatura fredda da fare direttamente nel piatto ha reso al palato un piatto fresco, profumato e anche goloso.

Alessandro Della Tommasina di Enoteca Pichiorri sul palco di Identità Vegetali

L’abbinamento pensato dallo sponsor Velier per questo piatto è stato un Dry Martini combinato con Engine, un gin biologico piemontese e Vermouth Vergano. Note balsamiche nel piatto e botaniche nel bicchiere ben combinate. Angelo Canessa aveva già stupito in apertura quando alla carota di Caranchini aveva abbinato un succo di mela fortificato prodotto dalla Maison Drouin in Normandia. Alcolico al 17% lascia partire un aroma molto intenso grazie all’invecchiamento e alla qualità delle mele utilizzate, non commestibili da crude, ma adatte per la confezione di una sorta di sidro di alto livello.

Angelo Canessa propone a Identità Vegetali gli abbinamenti ai piatti di Velier

Innovativo e “disobbediente” come suggerisce il tema del congresso è il consiglio di Canessa sulla degustazione di superalcolici preziosi e costosi: a volte ne basta un cucchiaio, ha detto, per goderne appieno le qualità aromatiche e organolettiche. Non si rischia la patente e nemmeno il portafoglio.


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A Tuttofood la metamorfosi della carne: da animale a vegetale

Fantasia di “carni” vegetali a Tuttofood

Tuttofood è un’enorme esibizione di cibo industriale prodotto e confezionato in tutti i modi possibili. Quindi prodotti più o meno ricchi di conservanti ed additivi, confezioni più o meno sostenibili con un utilizzo di plastica sempre molto abbondante e spesso inutile. L’orientamento generale delle aziende è sempre più quello di proporre cibo pronto uso quindi o da cucinare in fretta o da mangiare facilmente in ogni situazione. Pare che gli italiani in media non trascorrano più di un’ora al giorno in cucina ed è quindi giocoforza che mangino piatti pronti o frequentino ristoranti «da meditazione» o «da toccata e fuga». Una realtà che pone non pochi problemi di salute stante l’impossibilità di tenere sotto controllo gli ingredienti di piatti cucinati da altri. A questo anche i produttori si stanno in parte adattando riducendo la quantità degli ingredienti e rendendo le etichette più trasparenti. A questa logica non sfuggono i prodotti a base vegetale, che a volte a ragione, ma a volte no, si giovano di una nomea di salubrità rispetto ai cibi a base animale. In quest’edizione di Tuttofood la vetrina di surrogati vegetali della carne è stata davvero ampia e piuttosto interessante. L’olandese PLNTFOOD propone in versione vegetale praticamente tutte le tipologie di prodotti animali frammentati più diffusi nella cucina veloce. E per farlo usa pisello giallo, la soia, il glutine di frumento. Pollo al curry, filetti di salmone, shawarma, straccetti di manzo e naturalmente hamburger. I sapori si differenziano molto in ogni ricetta anche perché l’elenco degli ingredienti è piuttosto lungo e comprende spezie ed erbe. L’azienda francese Umiami punta invece sui «petti di pollo». Con proteine della soia, fibra di avena e una tecnologia all’avanguardia è riuscita ad ottenere una materia prima del tutto simile a quella animale per consistenza e gusto. Non per niente il titolare dello stand spiegava ai suoi interlocutori: «Non produciamo questo «pollo vegetale» per i vegani, ma piuttosto per gli onnivori che vogliono mangiare meno carne. Io mangio carne e non mangerei mai questo nostro filetto di pollo se non assomigliasse in tutto e per tutto all’originale». Tutt’altro approccio ha invece l’azienda svizzera Planted che ha scelto come suo testimonial il più prestigioso chef vegetariano d’Europa, Pietro Leemann, anch’esso svizzero e cofondatore di The Vegetarian Chance. «L’obiettivo di questi prodotti», ha spiegato Leemann, «non è tanto quello di imitare la carne quanto piuttosto di offrire a chi vuole alimentarsi a base vegetale un alimento sano, subito pronto, gustoso e che non necessita di troppo tempo per essere impiegato». I prodotti Planted si distinguono per ingredienti molto riconoscibili e semplici. La base è la classica proteina di pisello alla quale vengono aggiunti poi spezie di vario tipo a seconda della ricetta. Si richiamano a pollo, maiale e manzo, ma per Leemann sarebbe opportuno che presto non sia più così: «Questi cibi meritano di vivere di identità propria e non come imitazioni di qualcos’altro». Alla conquista dei numerosissimi amanti delle polpette si è lanciato il marchio Beamy di MartinoRossi che ha presentato con lo chef Emanuele Giorgione, vegano, consulente di cucina-benessere, un pratico impasto secco per polpette. L’aggiunta di acqua e due cucchiai d’olio lo rende ben compatto per preparare delle polpette gustose e subito pronte. Il segreto è la presenza tra gli ingredienti della metilcellulosa (E461) un addensante-agglomerante che tiene insieme legumi (non soia), farina di mais e ortaggi in polvere. La metilcellulosa invece non c’è nel preparato per ragù dove invece è stata aggiunta una fibra vegetale di psillio.
Soia o legumi, soprattutto l’economico pisello giallo, sono la base proteica di ogni imitazione vegetale della carne, che poi si giova di tecnologie sofisticate o agglomeranti/addensati per ottenere una consistenza simile alla carne. Sul mercato ci sono, però, altre ricette interessanti che usano altre materie prime quali i semi oleosi. E’ il caso dell’azienda israeliana More Foods, non presente in fiera, che propone kebab, trita o bistecche a base di semi di zucca e girasole.

Il kebab di More Foods

In fatto di somiglianza estetica e consistenza il risultato più eclatante è stato ottenuto da un’altra azienda israeliana, Redefine meat. Il segreto in questo caso a parte gli ingredienti è la stampante in 3D. Il gradimento sul mercato è stato tale che per la commercializzazione del prodotto Redefine meat si avvale della partnership con Giraudi, un’importatore di carni di lusso di Montecarlo. L’hamburger di questa azienda non però stampata in 3D si può mangiare a Milano al Mercato Centrale nella bottega di Joe Bastianich dove viene proposta con condimenti non vegani (formaggio, maionese). La bistecca e l’arrosto in 3D sono in vendita surgelati a Milano da Coccole di gusto. Il prezzo non è propriamente economico: 32 euro per 300 g. Sembra che la contrapposizione tra chi rivende carne e chi sostituti vegetali sia inesistente quando interessi economici coincidano.  Non viene meno, però, l’aspetto etico. Può un vegano eticamente coerente acquistare una «carne vegetale» da un distributore che vende per lo più carne animale vera e «pregiata»? Può mangiarla nello stesso posto dove l’offerta di carne è preponderante e dove fumi, odori e condimenti si confondono al punto di annullare ogni differenza e il valore di una scelta diversa?