The Vegetarian Chance

So I am living without fats, without meat, without fish, but am feeling quite well this way. It always seems to me that man was not born to be a carnivore."(Albert Einstein) August 3, 1953


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A Gardenia i sapori vegetali di Mariangela Susigan. Tracce di The Vegetarian Chance 2019

Mariangela Susigan nel suo orto a Caluso. Via: https://www.gardeniacaluso.com/

Visitare il ristorante Gardenia di Caluso è un piccolo passo indietro nel tempo. Da qui infatti il 13 ottobre del 2019 a Torino uscì il vincitore dell’ultima edizione del concorso The Vegetarian Chance. Si trattò del giapponese Ueda Satoru con la sua zuppa francigena con erbe selvatiche e il suo bosco e radici con labnè di mandorle . Oggi Satoru non lavora più qui, ma il ristorante Gardenia con la sua storica patron Mariangela Susigan si caratterizza sempre per una spiccata predilezione per le erbe selvatiche e per i vegetali locali e di stagione.

Ueda Satoru Bosco radici e labne di mandorle TVC 2019. Credit: A. Battaglini

Nell’orto annesso al ristorante si combinano profumi intensi di piante officinali come lavanda, salvia e levistico. Vittorio, l’ortolano, coltiva con metodo biologico ortaggi comuni e antichi, fiori eduli e antiche varietà di radici. Dagli scarti di cucina e dalle potature si produce un compost per concimare e restituire al suolo i nutrimenti che ci dà ogni giorno. Le verdure estive sono al culmine, ma quelle dell’autunno sono state già seminate per non deludere i cuochi quando dovranno cambiare menu. Una menzione speciale meritano i lamponi, che i cuochi di Gardenia usano molto non solo nei dessert, ma anche nelle insalate per dare colore, profumo e acidità. Gardenia è nel contempo un ristorante storico e molto moderno. Storico perché è ubicato in una casa di Corte dell’800 che aprì i battenti nel 1977, moderno perché si è smarcato parzialmente dalla tradizionale cucina piemontese per arrivare a una cucina dove i vegetali predominano. E il menù è costruito per soddisfare ogni aspettativa dei commensali vegetariani e non. La sperimentazione è delicata e non strizza l’occhio alle mode come avviene per inerzia a Milano e Torino. Mariangela Susigan si sente in simbiosi con i suoi genitori, che affidarono a lei ancora ventenne il nuovo ristorante Gardenia. Papà Amedeo era giardiniere e mamma Assunta cuoca. Non è dunque un  caso che la figlia Mariangela ami da sempre sia le piante che la cucina e combini tutto nei suoi piatti. D’atmosfera sia i tavoli in giardino recuperati dalle case antiche della zona (irrinunciabile il tavolo della pasta fresca) che la sala interna decorata con ceramiche francesi e italiane e un soffitto dipinto nel 2023 dall’artista polacca Gosia Turzeniecka. A differenza di ristoranti «santuari» con chef «sacerdoti» Gardenia si presenta come un luogo famigliare dal servizio impeccabile senza pause e con piatti pensati e in grado di stupire. Si ordina ad esempio una lasagnetta verde di erbe selvatiche con seirass fumè, limone salato e pesto di crescione e ci aspetta la classica lasagna piatta. Arriva invece una lasagna rotonda, quasi a spirale e che sembra una corona.

Lasagnetta verde di erbe selvatiche servita tonda

La zucchina matita arriva sul piatto come fosse stata trasferita direttamente dal campo al piatto, ma in realtà è stata cucinata….Il fiore contiene un ripieno a base di toma di capra vecchia ed è accompagnata da foglie di lattuga sucrine leggermente cotte e salsa medievale. Esercizio di cucina contemporanea è l’anteprima vegana che apre il pranzo: galletta di tapioca con lamponi e barbietola, gemma di peperone, che esplode in bocca, spugna d’erbe selvatiche.

Zucchina a matita farcita con lattuga Sucrine

Di base solo vegetale è anche la prima portata: croccante di piselli, ortaggi novelli, crema intensa di aglio ursino, mandorla fermentata, olio di prezzemolo. Due i dessert a scelta: una rivisitazione della pesca melba con lampone, vaniglia Bourbon e mandorla, e Ciocco & Gioco dal sapore intenso di cioccolato di qualità contrastato da menta, maracuja e pera. Nei fine pasto è un po’ da rivedere la dose di zucchero e la presentazione.

Pesca melba con auguri

La scelta dei vini non può che ricadere su quelli del figlio Roberto, vignaiolo ormai da 25 anni e alfiere del celebre Erbaluce di Caluso e dei suoi derivati, tra i quali un Passito complesso. L’essere associata a un vino ha portato fortuna a Caluso, cittadina senza grandi attrattive artistiche, ma elegante e soprattutto ubicata al centro del Canavese, che Mariangela Susigan non si stanca di promuovere con iniziative che vanno al di là del suo ristorante. Da segnalare in cima alle colline di Loranzè a Parella l’azienda vitivinicola di Domenico Tappero Merlo, che produce Erbaluce e Nebbiolo con trattamenti a basso impatto ambientale, impiego di prodotti naturali a base di estratti vegetali e un ridotto ricorso a rame e zolfo. Si punta alla massima salvaguardia del suolo e dei suoi abitanti (lombrichi, maggiolini, scarabei, api) favorendo la flora spontanea.

L’azienda di Tappero Merlo con una scultura di Juan San Miguel Rioja, spagnolo

Per chi vorrebbe trascorrere una notte nel vigneto c’è a disposizione un B&B e se siete fortunati magari anche uno degli eventi culturali che Tappero Merlo ama organizzare con invitati, che arrivano da Piemonte e Lombardia. Il Canavese, meno conosciuto di Langhe e Monferrato, ha molto da proporre ai suoi visitatori a partire dai suoi quattro siti Unesco: Ivrea, il castello ducale di Agliè, il Sito palafitticolo del lago di Viverone e il Sacro Monte di Belmonte. Poi nella stessa Caluso si può pernottare da Villa Albaluce, un dimora storica con giardino e arredata con mobili d’epoca in stili diversi e che aggiungono molta atmosfera al pernottamento. Cinque diverse suite con letti confortevoli e un angolo cucina utile, però, solo per la colazione causa un frigo inadeguato e l’assenza di utensili sufficienti a cucinare. A Ivrea Tappero Merlo propone il suo wine hotel Spazio Bianco Camere con Cultura, dove propone agli ospiti percorsi ed eventi culturali. Il tutto senza dimenticare ovviamente il vino!


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The Vegetarian Chance al Festival FLAUER, Alassio, tra erbe spontanee e fiori

Screenshot

FLAUER, Festival di Alassio dedicato ad erbe selvatiche, mixology botanica e sostenibilità alimentare, dedica uno spazio all’esperienza di The Vegetarian Chance e al ristorante Joia, dove il progetto nacque. Avverrà Sabato 5 aprile alle 12 a Diga Foranea. In quell’occasione Gabriele Eschenazi argomenterà come oggi l’opportunità (chance) vegetale debba essere colta per difendere la salute nostra e dell’ambiente senza tralasciare un dovere etico. A seguire Sauro Ricci, che insieme a Raffaele Minghini dopo Pietro Leemann, oggi guida il Joia (una stella Michelin), proporrà al pubblico Appunti di viaggio, un cestino da picnic vegetale, sano, nutriente e goloso. Diversi gli appuntamenti di FLAUER, che spazia oltre la Liguria ospitando la Sicilia, lontana geograficamente, ma vicina nell’esperienza mediterranea comune. Le modalità di incontro col pubblico vanno da talk, masterclass, show cooking, esperienze guidate all’aperto e cene dedicate a una gastronomia, che riprenda nei propri piatti erbe spontanee e fiori. Di seguito alcune proposte molto istruttive per chi ha scelto per la sua vita un percorso vegetariano/vegano in linea con la natura.

Sabato 5 alle 9.00 (navetta alla stazione)  Butterfly Watching  Escursione guidata con il naturalista e guida ambientale escursionistica Matteo Serafini sulle alture di Alassio alla scoperta delle farfalle del territorio e dei fiori che le nutrono. Sempre sabato in Piazza Partigiani alle 11.30 Emanuela Polidori insegna a dipingere con la cera e i colori dei fiori. Alle 17.00 all’Hotel dei Fiori MixOiIogy for Flauer, masterclass su nuovi utilizzi di oli extravergini di qualità, a cura della giornalista Daniela Ferrando. Domenica 6 alle 9.00 dal Porto Luca Ferrari si parte (su prenotazione) per una passeggiata botanica a cura della guida ambientale escursionista e forager Laura Brattel, che insegnerà a riconoscere le erbe spontanee. Alle ore 14.00 in Piazza Partigiani il bartender Salvatore Castiglione insegnerà a preparare a casa con fiori ed erbe digestivi, long drinks ed estrazioni botaniche analcoliche. Tutto il programma si può seguire qui.

 


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A Udine un menu vegetariano d’autore firmato Emanuele Scarello

Rosa di campo & fusilloni alle cicorie e ristretto di arancia amara. I sapori si conciliano invece di contrastarsi.

Più alto è il livello di un ristorante e più difficile può sembrare la sfida di proporre alla propria clientela un menù vegetale interessante e accattivante. Emanuele Scarello di Agli Amici di Udine (due stelle Michelin), ci riesce già da più di dieci anni. Da allora accanto al suo menu tradizionale propone un menu vegetariano di sette portate, molto ben studiato con nessun ingrediente che si ripete e che combina sapori di mare, alghe, con sapori di terra, funghi. Quasi tutte le sue verdure arrivano da un agricoltore a 200 metri da casa con la possibilità di sceglierle ogni giorno e seguire la stagionalità. Le alghe, invece, arrivano dalla laguna di Grado. La tecnica di Scarello si è sempre più affinata col tempo seguendo delle personali intuizioni. Quindici anni fa era stato all’avanguardia con la sua decisione di veicolare i sapori con l’acqua. «Le salse tradizionali veicolano grassi, mentre l’acqua veicola purezza. Voglio che la mia cucina sia trasparente, molto trasparente (limpido come l’acqua)», diceva. E i suoi piatti sono infatti oggi molto identificabili nei sapori senza sovrapposizioni, ma con accostamenti indovinati. Da uno stesso vegetale riesce a ricavare sapori diversi, che poi combina nel piatto. Usa tutte le componenti di un’unica verdura cuocendole in maniera e tempi differenti. Le radici della famiglia Scarello a Udine sono molto profonde: cucinano da 1887 e sono nello stesso edificio da metà degli anni cinquanta.

Emanuele Scarello. un ritratto dal suo sito: https://www.agliamici.it/

Non per caso dunque si sentono legati alla tradizione, un termine a volte abusato e non da tutti i cuochi interpretato allo stesso modo. Emanuele Scarello la vede così: «Non prendo mai spunto da un piatto tradizionale quanto piuttosto da un ingrediente tipico friulano come la patata di Godia, il radicchio, un formaggio di malga o un vino del Collio. Parto da questo e lo porto dentro di me. La tradizione è qualcosa che scriviamo quotidianamente con l’inchiostro del nostro territorio, di quello che è tipico. Creo una tradizione nuova. Penso di usare un prodotto per fare in modo che non vada perso». Così nel menù di primavera ha inserito non per caso ben nove tipi di alghe con tanto di piccola guida servita al commensale. Nella carta estiva ha invece messo cetrioli carosello e nasturzio. I primi sono proposti con alga, capperi e bacche di sambuco, mentre il fiore si allea con olive e riso all’olio extravergine di Zambrattia, oshibana di rape nella vinaccia. Il suo menù «nuovamente vegetale» ha la stessa dignità e prezzo di quello onnivoro «Nuovamente agli amici»: 160 euro (dieci euro in meno) .

Dieci alghe con erbe del mare, limone e olio nuovo (carta primaverile).

La logica è quella della cucina vegetale gourmet: l’impegnativa lavorazione in cucina dei vegetali aggiunge valore ai piatti anche se la materia prima è meno costosa. Nessuna verdura si ripete nei piatti, che sono sei prima del dessert, una meringata alla crema e frutta di stagione. Oltre alla carta di vini c’è quella di tè e dei vini analcolici in grande espansione. Il «vegetale assoluto» non piace, però, a Emanuele Scarello che dice «Non voglio pormi dei limiti». E così qua e là ci sono latticini, che però non sono mai i protagonisti.

Il fondo di ortaggi versato sul sedano laccato.

Si capisce che la sua sfida con in vegetali è vinta quando arriva in tavola un sedano rapa laccato come un anatra e accompagnato da un fondo di ortaggi, un brodo di sedano e un fermentato con maionese allo zafferano. Il prodotto della terra è stato usato nella sua interezza e senza sprechi consentendo, tra l’altro, allo chef di proporre in tavola un piatto composto in realtà di tre piatti associati.

Si tratta di uno schema ricorrente nelle portate di questo ristorante ed è un antidoto prezioso alla «noia da piatto». Consistenze e intensità diverse stimolano il palato. E se mentre si mangia si punta lo sguardo al soffitto si potrà notare come il designer facendo filtrare la luce dall’alto si sia ispirato a un intricato bosco mentre la sala è illuminata di giorno da un’ampia vetrata.

Il soffitto “ramificato” della sala de Gli Amici

Posti a sedere solo all’interno, una scelta di eleganza e cura del cliente. Stesse caratteristiche che si notano all’arrivo quando si viene fatti accomodare nella sala degli aperitivi, Blue Lounge, dove i tendaggi blu creano l’atmosfera tipica del foyer di un teatro.

La Blue Lounge. Foto via: https://www.agliamici.it/

Il pasto assume così le sembianze di uno spettacolo dal vivo diretto in sala dalla sorella sommelier di Emanuele, Michela Scarello, che propone in abbinamento anche vini analcolici e tè. E alla fine dal banco dei dolci non manca qualche bis, che segue il dessert marchio della famiglia Scarello: la meringata.

Meringata alla crema e agrumi