The Vegetarian Chance

So I am living without fats, without meat, without fish, but am feeling quite well this way. It always seems to me that man was not born to be a carnivore."(Albert Einstein) August 3, 1953


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I leader ambientalisti parlano poco di cibo. Temono di perdere il loro pubblico. Lo dice Safran Foer in un video esclusivo al Festival TVC 2019

Safran Foer intervistato da Gabriele Eschenazi al ristorante Joia. Credit: Andrea Battaglini

È iniziata la  #WeekForFuture grande mobilitazione mondiale per l’emergenza climatica. Una maggiore consapevolezza sul tema si sta facendo strada tra governi e istituzioni. Però come si dice Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, che è appunto uno degli ambienti terrestri più danneggiati dall’inquinamento e più decisivi ai fini dell’equilibrio climatico del pianeta. La battaglia contro la plastica ha preso slancio, ma si parla ancora poco di cibo e della sua produzione inquinante causata dall’agricoltura industriale. Ad andare controcorrente ci ha pensato lo scrittore americano Jonathan Safran Foer con il suo nuovo libro Possiamo salvare il mondo prima di cena (Guanda). Foer non ha scritto solo della sofferenza e della violenza causate da un’insensata iperproduzione di prodotti animali, ma ha approfondito il tema della responsabilità individuale mettendosi in gioco anche in prima personaDella sua coraggiosa, emotiva e documentata denuncia lo scrittore americano ha parlato in una video intervista esclusiva a The Vegetarian Chance, che sarà trasmessa integralmente al Festival Venerdì 11 ottobre durante la  Veg Conference (EDIT, spazio Studio ore 10/13) e in replica domenica 13 alle ore 17.00.

Ecco alcuni estratti dell’intervista rilasciata da Foer al giornalista Gabriele Eschenazi al ristorante Joia dove lo scrittore ha anche incontrato Pietro Leemann.

Al pubblico del Festival ha detto tra l’altro:

Cari partecipanti al Festival The Vegetarian Chance siate più aperti anche verso chi non è vegetariano a tempo pieno, ma va nella giusta direzione per ridurre la sofferenza e la violenza sul pianeta.

Su ambientalisti e cibo

I leader ambientalisti e i diversi movimenti sono riluttanti a parlare di cibo perché che è davvero difficile per le persone relazionarsi con il cambiamento climatico. Temono di perdere il loro pubblico.

Sulle difficoltà di cambiare abitudini

Cambiare è difficile soprattutto quando il cambiamento ha a che fare con le emozioni e la psicologia. È molto facile passare da un auto tradizionale a una elettrica perché non ci costringe a misurarci col modo nel quale siamo cresciuti o con i nostri sentimenti. Ma cibarsi in modo differente alcune volte richiede di mangiare in modo differente di quando eravamo bambini.

Sulla nostra “irresponsabilità”

Andiamo alle manifestazioni, ci mettiamo le magliette, ma non facciamo le cose che sappiamo essere necessarie perché qualcosa dentro di noi, nel profondo, non crede faccia alcuna differenza.

Sul futuro che ci aspetta

Il mondo non finirà in cinquant’anni e nemmeno in cento, ma siamo già entrati in un processo per il quale stiamo perdendo molte cose, che hanno un valore.

Safran Foer con Pietro Leemann nella cucina del Joia. Credit: Andrea Battaglini

Veg Conference 11 ottobre EDIT Torino ore 10/13.00

Venerdì 11 ottobre

Ore 10.00/13.00 ( Spazio Studio)

Veg Conference con rappresentanti delle Istituzioni della Città, Slow Food, EDIT

Introducono: Pietro Leemann e Gabriele Eschenazi

Il primato italiano di Torino: città vegan friendly. La parola al Comune e ai ristoratori

I giovani italiani e il vegetarianismo: un sondaggio TVC/Lavazza realizzato da EUMETRA MR con Renato Mannheimer

Main Partner Panel: per Lavazza Michele Cannone, per Ecor Fausto Iori, per Ricola Luca Morari

La Carta di The Vegetarian Chance per gli chef stellati e The Vegetarian Tour

The Vegetarian Chance japanese edition giugno 2020

L’allarme di Safran Foer: videointervista esclusiva con saluto al Festival

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Vegetarianismo e biodiversità. Il 12 ottobre al Festival con gli agricoltori di Slow Food

Biodiversità del mais Foto di CLM-bv da Pixabay

Sabato 12 ottobre al Festival di The Vegetarian Chance parleremo di biodiversità con gli agricoltori di Slow Food. Sarà l’opportunità di riflettere sull’etica di chi ha rinunciato ai prodotti animali. Chi sceglie di alimentarsi di soli vegetali è, infatti, spesso accusato di usare prodotti di provenienza dubbia e per niente sostenibili. Gli esempi sono in genere l’avocado, la quinoa, gli anacardi, i derivati dal cocco. Prodotti esotici che fanno molti chilometri per arrivare da noi e il cui aumento di produzione crea spesso danni all’ambiente e alle economie locali. Non si tratta di una critica infondata. Si può facilmente intuire come all’aumento della domanda di un prodotto corrisponde un aumento di prezzo e quanto questo poi si ripercuota non tanto sulle nostre ricche tasche quanto sulle popolazioni locali, che si cibano da sempre di quegli alimenti. Poi ovviamente per aumentare la produzione si ricorre alla chimica. Ma non possono essere vegetariani e vegani i colpevoli di queste “mode alimentari”. Sono troppo poco numerosi per essere così dannosi! Sappiamo quanto, per esempio, l’avocado sia indispensabile nei ristoranti giapponesi, quanto gli anacardi costituiscano snack di pregio o come la quinoa serva ai celiaci e a chi sceglie una dieta senza carboidrati anche senza essere vegetariano. Sono domande da porsi inevitabilmente sapendo che però esiste una risposta e questa è la biodiversità, cioè la conoscenza e lo sviluppo di una gamma sempre più vasta di prodotti locali funzionali alla nostra nuova scelta alimentare. In Germania a Francoforte al ristorante vegetariano, Seven swans lo chef Jan Hoffmann non usa alcun ingrediente che non sia coltivato in Germania secondo i criteri della permacultura. Quindi come cereale solo la segale, poi niente caffè, tè e nessuna spezia importata. Senza giungere a questa scelta assoluta è comunque possibile trovare sul nostro territorio gli alimenti con i quali produrre una cucina gustosa e originale.

Cavolo riccio
Foto di Daan Lenaerts da Pixabay

La biodiversità ci aiuta in questo senso e i contadini sono i nostri alleati. Sono loro che riportano alla nostra attenzione piante, delle quali nel tempo abbiamo perso la nozione e varietà diverse dello stesso alimento. Mele, mais, fagioli, semi oleosi, per esempio, sono vegetali molto più interessanti e complessi di quanto pensiamo. Il rapporto della FAO Biodiversity for Food and Agriculture racconta che su 6000 specie vegetali coltivabili, quelle impiegate per produrre cibo nel mondo sono circa 200, e il 66% della produzione agricola globale è concentrata su nove specie (canna da zucchero, riso, mais, frumento, patata, soia, palme da olio, barbabietola da zucchero, manioca). Sempre lo stesso rapporto lancia l’allarme sul declino di ecosistemi chiave che costituiscono l’habitat per altre specie. È il caso delle mangrovie. Per fermare questo fenomeno anche noi possiamo fare qualcosa. Acquistare dai produttori vegetali diversi e di stagione. Non fossilizziamoci su zucchine e pomodori, gli ortaggi più richiesti in tutte le stagioni. Che ne dite del cavolo riccio o del broccolo fiolaro? La battaglia per la biodiversità è da sempre al centro delle attività di Slow Food che opera a sostegno degli agricoltori.

A loro daremo la parola sabato 12 ottobre alle 12.00 da EDIT nell’area Kitchens.


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The Vegetarian Chance 2019: Oliviero Alotto di Slow Food racconterà la sua corsa per il clima in Groenlandia

Oliviero Alotto tra i “ghiacci” della Groenlandia

Il caldo “estremo” è arrivato anche quest’anno ad arroventare le nostre città e la nostra quotidianità. Per lo più la nostra reazione è aspettare che passi magari con l’aiuto di un provvidenziale fresco anticiclone. Non è un caso che le applicazioni meteo siano tra le più consultate come una sorta di oracolo. Fare riferimento ai classici assunti “d’inverno fa freddo”, “d’estate fa caldo” non basta più, non ci assolve dalle nostre responsabilità. Un’emergenza climatica esiste eppure noi tendiamo a non vederla. Per questo serve che qualcuno ci apra gli occhi come ha fatto Oliviero Alotto di Slow Food, che dal 3 al 6 giugno ha coperto di corsa e in canoa circa 200 km in Groenlandia. Il suo percorso si è snodato lungo gli spazi lasciati liberi dal ritiro dei ghiacciai nella regione sud-ovest della Groenlandia, dove gli effetti del cambiamento climatico sono più evidenti, e ha compreso le località di Kangerlussuaq, Kelly Ville, Ice Cap, Sisimiut, la seconda città dell’isola. L’impresa è parte del progetto Race against Time, pensato per raccogliere fondi a favore degli Orti in Africa di Slow Food. Groenlandia e Africa unite da un destino intrecciato. A nord si sciolgono i ghiacci, a sud mancano l’acqua e il cibo. La realtà del nostro pianeta sta mutando rapidamente come ha ben riassunto Slow Food in un suo documento:

Secondo l’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), entro la fine del secolo, in mancanza di limitazioni delle emissioni di gas serra, la temperatura media sul Pianeta è destinata ad aumentare di 4°C e oltre, ma già con un aumento di 2°C si prevedono gravissime conseguenze ambientali e sociali.
– I ghiacciai, che coprono il 10% della superficie terrestre, stanno rapidamente scomparendo: dal 1994 a oggi abbiamo perso circa 400 milioni di tonnellate di ghiacciai all’anno.
– In Groenlandia nel 2003 scomparivano ogni anno 111 chilometri cubi di ghiaccio. Dieci anni più tardi, la cifra è quasi quattro volte più elevata: 428 chilometri cubi (Istituto danese Dtu Space Lab, 2019) con una crescita molto più veloce del previsto.
In Italia oggi rimane circa un terzo dei ghiacciai alpini rispetto a due secoli fa.
A livello globale la sola produzione di cibo è responsabile di un quinto delle emissioni di gas serra, 21% (Ar5 Ipcc 2014; The state of food and agriculture by FAO 2015).
– Sempre secondo la Fao, nel 2012, le emissioni generate dall’utilizzo di fertilizzanti sintetici hanno rappresentato il 14% del totale di quelle agricole. Si tratta della fonte di emissioni del settore primario a più rapida crescita: dal 2001 è aumentata del 45% circa (Fao 2015, Food Wastage Footprint: Impacts on Natural Resources).
– Nel periodo 1990-2005, il 71% della deforestazione in Argentina, Colombia, Bolivia, Brasile, Paraguay, Perù e Venezuela è stato causato dalla crescente domanda di pascoli (FAO 2012, Livestock and Landscape).
Il continente africano è responsabile solo del 4% delle emissioni di gas serra (Commissione dell’Unione Africana).
– Circa i due terzi delle popolazioni dell’Africa subsahariana sono soggette agli effetti del cambiamento climatico perché sono dipendenti dall’agricoltura di sussistenza.

Niente borracce per Oliviero, che ha sempre bevuto da laghetti come questo. Credit: Stefano Rogliatti

L’impresa di Oliviero Alotto non è stata solo fisica, ma anche alimentare. Oliviero, infatti, è vegano convinto e con un’attenta preparazione ha dimostrato come l’alimentazione a base vegetale sia adatta anche agli atleti. A seguirlo nelle scelte è stata la nutrizionista Felicina Biorci. Insieme al mangiare ha avuto importanza anche il “non mangiare”. La fase di allenamento prevedeva infatti un digiuno intermittente con 2-3 pasti al giorno al più tardi entro le 16, così da raggiungere 12-16 ore di digiuno prima della colazione del giorno successivo. Questo digiuno favorirebbe l’autofagia, responsabile del ricambio cellulare che preserva un corretto funzionamento dell’organismo, la riduzione dei marcatori di infiammazione e il miglioramento del microbioma intestinale. Per tenere alti i livelli di ematocrito, grazie ai quali l’ossigeno arriva abbondante ai tessuti, sono state inserite in menu le barbabietole. A fornire il giusto apporto proteico hanno provveduto legumi e canapa mentre per i carboidrati gli alimenti scelti sono stati teff, frumenti antichi, riso, grano saraceno e miglio. Fondamentale l’uso del cacao per contrastare i danni da carichi di lavoro eccessivi. A tutto questo sono stati aggiunti 700 ml di acqua mattina e pomeriggio.

Il percorso e la tabella nutrizionale elaborata da Felicina Biorci


Durante la corsa l’alimentazione è stata studiata per coprire un fabbisogno di 40-60 km giornalieri alle temperature artiche e seguendo un criterio di sostenibilità. Ai carboidrati sono stati associati frutta disidratata, castagne, riso, datteri e canapa, che hanno compensato l’assenza di proteine animali.
Alotto, responsabile di Slow Food a Torino, impegnato nella salvaguardia dell’ambiente e del Pianeta, è appassionato di montagna, corsa, trail running, ma anche di vino e cibo. Parteciperà al Festival The Vegetarian Chance a Torino come ospite e come organizzatore. Racconterà al pubblico la sua impresa sportiva in Groenlandia e il suo manifesto.
Abbiamo bisogno di scuotere le coscienze. In questa società fatta di immagini abbiamo bisogno di racconti che uniscano gesti anche estremi alla concretezza della nostra vita, dice Alotto. Oggi il Pianeta Terra vive una vera emergenza clima a causa del riscaldamento globale. Da decenni, ormai, gli ambientalisti denunciano come il comportamento umano stia incrinando in modo definitivo l’equilibrio che regge il globo terrestre. Da questi bisogni è nata la campagna Race Against Time, partita con la mia corsa in Groenlandia per denunciare il riscaldamento della temperatura dei mari e il conseguente scioglimento dei ghiacciai. Di emergenza climatica non ci occupiamo seriamente e il motivo è che non riusciamo a renderci conto delle conseguenze negative dei nostri comportamenti. Ormai è documentato che tra le principali cause dell’effetto serra c’è la produzione di cibo. Sappiamo che per sfamare una parte del mondo stiamo stressando l’altra, sappiamo che gli allevamenti intensivi sono una delle cause del riscaldamento globale, eppure sembriamo di fatto estranei a quanto sta succedendo, come se in fin dei conti tutto questo non ci riguardi da vicino. Siamo invece noi la causa di tutto questo.

Oliviero Alotto al Festival di The Vegetarian Chance Torino EDIT 11 ottobre ore 17.30 “La mia corsa contro il tempo”.