
Oliviero Alotto tra i “ghiacci” della Groenlandia
Il caldo “estremo” è arrivato anche quest’anno ad arroventare le nostre città e la nostra quotidianità. Per lo più la nostra reazione è aspettare che passi magari con l’aiuto di un provvidenziale fresco anticiclone. Non è un caso che le applicazioni meteo siano tra le più consultate come una sorta di oracolo. Fare riferimento ai classici assunti “d’inverno fa freddo”, “d’estate fa caldo” non basta più, non ci assolve dalle nostre responsabilità. Un’emergenza climatica esiste eppure noi tendiamo a non vederla. Per questo serve che qualcuno ci apra gli occhi come ha fatto Oliviero Alotto di Slow Food, che dal 3 al 6 giugno ha coperto di corsa e in canoa circa 200 km in Groenlandia. Il suo percorso si è snodato lungo gli spazi lasciati liberi dal ritiro dei ghiacciai nella regione sud-ovest della Groenlandia, dove gli effetti del cambiamento climatico sono più evidenti, e ha compreso le località di Kangerlussuaq, Kelly Ville, Ice Cap, Sisimiut, la seconda città dell’isola. L’impresa è parte del progetto Race against Time, pensato per raccogliere fondi a favore degli Orti in Africa di Slow Food. Groenlandia e Africa unite da un destino intrecciato. A nord si sciolgono i ghiacci, a sud mancano l’acqua e il cibo. La realtà del nostro pianeta sta mutando rapidamente come ha ben riassunto Slow Food in un suo documento:
Secondo l’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), entro la fine del secolo, in mancanza di limitazioni delle emissioni di gas serra, la temperatura media sul Pianeta è destinata ad aumentare di 4°C e oltre, ma già con un aumento di 2°C si prevedono gravissime conseguenze ambientali e sociali.
– I ghiacciai, che coprono il 10% della superficie terrestre, stanno rapidamente scomparendo: dal 1994 a oggi abbiamo perso circa 400 milioni di tonnellate di ghiacciai all’anno.
– In Groenlandia nel 2003 scomparivano ogni anno 111 chilometri cubi di ghiaccio. Dieci anni più tardi, la cifra è quasi quattro volte più elevata: 428 chilometri cubi (Istituto danese Dtu Space Lab, 2019) con una crescita molto più veloce del previsto.
– In Italia oggi rimane circa un terzo dei ghiacciai alpini rispetto a due secoli fa.
– A livello globale la sola produzione di cibo è responsabile di un quinto delle emissioni di gas serra, 21% (Ar5 Ipcc 2014; The state of food and agriculture by FAO 2015).
– Sempre secondo la Fao, nel 2012, le emissioni generate dall’utilizzo di fertilizzanti sintetici hanno rappresentato il 14% del totale di quelle agricole. Si tratta della fonte di emissioni del settore primario a più rapida crescita: dal 2001 è aumentata del 45% circa (Fao 2015, Food Wastage Footprint: Impacts on Natural Resources).
– Nel periodo 1990-2005, il 71% della deforestazione in Argentina, Colombia, Bolivia, Brasile, Paraguay, Perù e Venezuela è stato causato dalla crescente domanda di pascoli (FAO 2012, Livestock and Landscape).
– Il continente africano è responsabile solo del 4% delle emissioni di gas serra (Commissione dell’Unione Africana).
– Circa i due terzi delle popolazioni dell’Africa subsahariana sono soggette agli effetti del cambiamento climatico perché sono dipendenti dall’agricoltura di sussistenza.

Niente borracce per Oliviero, che ha sempre bevuto da laghetti come questo. Credit: Stefano Rogliatti
L’impresa di Oliviero Alotto non è stata solo fisica, ma anche alimentare. Oliviero, infatti, è vegano convinto e con un’attenta preparazione ha dimostrato come l’alimentazione a base vegetale sia adatta anche agli atleti. A seguirlo nelle scelte è stata la nutrizionista Felicina Biorci. Insieme al mangiare ha avuto importanza anche il “non mangiare”. La fase di allenamento prevedeva infatti un digiuno intermittente con 2-3 pasti al giorno al più tardi entro le 16, così da raggiungere 12-16 ore di digiuno prima della colazione del giorno successivo. Questo digiuno favorirebbe l’autofagia, responsabile del ricambio cellulare che preserva un corretto funzionamento dell’organismo, la riduzione dei marcatori di infiammazione e il miglioramento del microbioma intestinale. Per tenere alti i livelli di ematocrito, grazie ai quali l’ossigeno arriva abbondante ai tessuti, sono state inserite in menu le barbabietole. A fornire il giusto apporto proteico hanno provveduto legumi e canapa mentre per i carboidrati gli alimenti scelti sono stati teff, frumenti antichi, riso, grano saraceno e miglio. Fondamentale l’uso del cacao per contrastare i danni da carichi di lavoro eccessivi. A tutto questo sono stati aggiunti 700 ml di acqua mattina e pomeriggio.

Il percorso e la tabella nutrizionale elaborata da Felicina Biorci
Durante la corsa l’alimentazione è stata studiata per coprire un fabbisogno di 40-60 km giornalieri alle temperature artiche e seguendo un criterio di sostenibilità. Ai carboidrati sono stati associati frutta disidratata, castagne, riso, datteri e canapa, che hanno compensato l’assenza di proteine animali.
Alotto, responsabile di Slow Food a Torino, impegnato nella salvaguardia dell’ambiente e del Pianeta, è appassionato di montagna, corsa, trail running, ma anche di vino e cibo. Parteciperà al Festival The Vegetarian Chance a Torino come ospite e come organizzatore. Racconterà al pubblico la sua impresa sportiva in Groenlandia e il suo manifesto.
Abbiamo bisogno di scuotere le coscienze. In questa società fatta di immagini abbiamo bisogno di racconti che uniscano gesti anche estremi alla concretezza della nostra vita, dice Alotto. Oggi il Pianeta Terra vive una vera emergenza clima a causa del riscaldamento globale. Da decenni, ormai, gli ambientalisti denunciano come il comportamento umano stia incrinando in modo definitivo l’equilibrio che regge il globo terrestre. Da questi bisogni è nata la campagna Race Against Time, partita con la mia corsa in Groenlandia per denunciare il riscaldamento della temperatura dei mari e il conseguente scioglimento dei ghiacciai. Di emergenza climatica non ci occupiamo seriamente e il motivo è che non riusciamo a renderci conto delle conseguenze negative dei nostri comportamenti. Ormai è documentato che tra le principali cause dell’effetto serra c’è la produzione di cibo. Sappiamo che per sfamare una parte del mondo stiamo stressando l’altra, sappiamo che gli allevamenti intensivi sono una delle cause del riscaldamento globale, eppure sembriamo di fatto estranei a quanto sta succedendo, come se in fin dei conti tutto questo non ci riguardi da vicino. Siamo invece noi la causa di tutto questo.