The Vegetarian Chance

So I am living without fats, without meat, without fish, but am feeling quite well this way. It always seems to me that man was not born to be a carnivore."(Albert Einstein) August 3, 1953


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CinemAmbiente: contro l’emergenza climatica un nuovo patto tra gli esseri viventi

Un pastore kenyota nel film The battle for Laikipia

Postumi del colonialismo, emergenza climatica, aumento incontrollato della popolazione, incapacità umana di solidarizzare. Ci sono tutti questi temi in The battle for Laikipia (Kenya/Usa 2023), il documentario che ha vinto il premio Asja della sezione internazionale al Festival CinemAmbiente di Torino (4-9 giugno Cinema Massimo).  Gli autori, Daphne Matziaraki e Peter Murimi hanno affrontato una vicenda delicata raccontando i drammi di uni e degli altri. Discendenti di coloni bianchi, allevatori, difendono il loro terreni dai pastori indigeni, che a causa della siccità non trovano pascolo e acqua per il loro bestiame. E qui si trovano a confronto non solo bianchi e neri, ma anche due modi diversi di produrre cibo di origine animale: la pastorizia e l’allevamento industriale. Si potrebbe magari fare a meno in assoluto di allevamenti per sostituirli con coltivazioni di vegetali, ma l’ipotesi non affiora nel filmato. Certo i vegetali sarebbero più pacifici e faciliterebbero una convivenza. D’altra il conflitto deriva da una penuria di risorse (acqua e pascoli) troppo sfruttate e in diminuzione a causa dell’emergenza climatica. Questo documentario come altri presentati al Festival ci vuol dire come nel mondo le comunità di esseri umani spesso non collegano la propria realtà a quella del pianeta nella sua interezza. Molto diretti nel raccontarci il meccanismo perverso delle interconnessioni climatiche sono l’entomologo tedesco Ulf Drechsel e l’ornitologo paraguaiano Jota Escobar protagonisti di Los Ultimos, sezione concorso. Insieme compiono un viaggio nella regione naturale del Grand Choco in Paraguay per rendersi conto di persona della grave deforestazione in atto. Il regista, Sebastian Escobar non ci risparmia scene apocalittiche e riflessioni amare dei suoi due amici sull’incontrollata società dei consumi. La natura violentata è qui una buona padrona di casa.

l’entomologo tedesco Ulf Drechsel e l’ornitologo paraguaiano Jota Escobar in Los Ultimos

Più vendicativa si mostra invece nel documentario in concorso The Here Now Project di Greg Jacobs e Jon Siegel, che ci mettono di fronte ai drammi di essere umani di tutto il mondo alle prese con uragani, incendi e allagamenti.  Lo fanno con uno studiato collage di immagini pubblicate sui social network da vittime delle catastrofi naturali. Anche nei momenti più drammatici non manca chi ha la forza di prendere in mano il suo smartphone e urlare il suo dramma personale. Impossibile rimanere indifferenti di fronte a bibliche invasioni di cavallette, nevicate improvvise e insopportabili ondate di calore.

Una scena apocalittica di The Here Now Project

E a chi forse ha l’impressione che lo sfruttamento delle risorse naturali sia un fenomeno relativamente recente conviene guardare due importanti documentari a carattere storico. Il primo è il restaurato Amazonas, maior rio do mundo del 1921, che ha inaugurato il Festival e che segnala come la deforestazione dell’Amazzonia sia iniziata oltre un secolo fa per produrre una grande quantità di legname.

In Amazzonia nel 1921. Rare immagini recuperate dall’oblio

Il secondo, il canadese Nuked, si riferisce invece agli esperimenti nucleari americani sull’atollo di Bikini nelle isole Marshall. Abitanti indigeni furono sfollati dai loro villaggi dalla sera alla mattina senza capire il perché e aprendo in loro una ferita che dopo quattro generazioni non si è ancora rimarginata.

Riparare i danni del passato e non commetterne di nuovi è l’arduo compito che richiede un patto intergenerazionale come quello narrato dal film ceco/slovacco The World according to My dad. Jiri Svoboda, fisico e ingegnere ceco propone da diversi anni senza successo ai governanti del mondo di istituire una tassa mondiale sulle emissioni di carbonio. Con questi soldi pagati da tutti si potrebbero finanziare progetti contro l’inquinamento soprattutto nei paesi più poveri. Un progetto utopistico di solidarietà umana, che la figlia di Svoboda, Marta Kovarova artista, ha deciso di sostenere girando un documentario sulle battaglie del padre. Si parte dalla cucina di casa, dove non si spreca nulla dall’acqua al cibo fino ad arrivare ai forum mondiali sul clima. I due protagonisti sono venuti a Torino e hanno dialogato col pubblico. Chi voleva porre una domanda doveva stringere tra le mani un globo terrestre portato da Svoboda.

Jiri Svoboda e sua figlia Marta Kovarova a un summit per proporre come salvare il pianeta nel film The world according to my dad

Lottano per difendere la foresta i giovani finlandesi Ida, Minka, Ville, Otto e Eerick. Nel loro paese gli alberi sono solo una risorsa economica, non una risorsa ambientale, non una fonte di salute. Ne parla l’opera finlandese Once upon a time in a forest di Virpi Suutari menzione speciale della giuria. Lo stile è quello di una fiaba, ma senza un lieto fine, almeno per ora, ma è significativo il sostegno che i giovani ricevono dai loro famigliari. Un passaggio di testimone generazionale. Le ragazze e i ragazzi hanno ben compreso che serve una presenza ossessiva sul posto e seguono una strategia di disturbo molto efficaceIl documentario mette a nudo il conflitto tra gli interessi dell’industria forestale e la protezione della natura. Viene sfatato una volta di più il mito che senza sfruttamento delle risorse naturali non si produrrebbero lavoro e benessere.

Tra i cortometraggi in concorso da segnalare l’ultima opera della artista fotografa ambientalista Anne de Carbuccia, che ha anche una sua sede a Milano dotata di mostra permanente. Con Refugia, where life will persist De Carbuccia ci porta nell’isola di Yakushima, una sorta di santuario dove tutte le forma di vita prosperano senza minacce umane di alcun tipo. Dobbiamo sentirci parte di tutto e non padroni di tutto è il messaggio della regista. Poetico e commovente è il corto egiziano Mango, dove la giovane Nadia lascia il Cairo per andare a svuotare la casa del padre defunto a Helwan, una cittadina industriale. Il viaggio nella memoria e nella melanconia si concentra su un albero di mango malandato, ma capace ancora di restituire sapori e profumi di un tempo, un sincero compagno di vita.

Nell’isola di Yakushima si registrano suoni preziosi. Refugia di Anne de Carbuccia

The perfect meal raccomanda la dieta vegetale

Al cibo ideale è dedicato The perfect meal di Alexandros Merkouris, che approfondisce argomenti dibattuti come i benefici della dieta mediterranea e della dieta a base vegetale che valorizza i benefici effetti delle piante sulla nostra salute. Sorprende apprendere che la dieta mediterranea è più seguita nel nord Europa che non nel  sud Italia, dove invece ormai prevale una dieta «americana» ipercalorica e per niente salutista come dimostrano livelli di obesità in crescita costante.


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CinemAmbiente a Torino dal 4 al 9 giugno. Il vero ambientalismo documentato dai protagonisti

Una volta di più il Festival CinemAmbiente ci racconta cosa significa davvero essere ambientalisti e ci invita a indirizzare il nostro sguardo verso tutto il pianeta oltre il cortile di casa nostra. I documentari di questo festival ci catapultano in realtà, che forse pensavamo esistessero solo in film di fantascienza: da fenomeni meteo estremi alla perdita di biodiversità vegetale e animale, all’inquinamento e allo sfruttamento delle risorse. Non ci sono però solo gli allarmi e gli sos, ci sono anche le soluzioni, le battaglie vinte e da vincere. Domande e risposte si combinano sullo schermo. Questa è la 27esima edizione del Festival (4/9 giugno) e come sempre l’accesso alle proiezioni è gratuita sia in sala che online sulla piattaforma OpenDDB, dove una selezione dei titoli in cartellone sarà visibile in replica, tramite il sito fino al 18 giugno. L’evento, organizzato dal Museo Nazionale del Cinema di Torino e diretto da Lia Furxi, è quest’anno dedicato alla memoria di Gaetano Capizzi, fondatore e storico direttore, scomparso prematuramente lo scorso anno.

Gaetano Capizzi ideatore del Festival CinemaAmbiente e scomparso pochi mesi fa

I film presentati saranno 76  provenienti da 27 paesi di quattro continenti. Quattro le sezioni: Concorso documentari, Concorso cortometraggi, Made in Italy e Panorama. Per l’apertura del 4 giugno è stato scelto un reperto cinematografico di grande valore: Amazonas, maior rio do mundo (1918), un ritrovato capolavoro del cinema muto, che costituisce il primo lungometraggio girato in Amazzonia e diretto da Silvino Santos, pioniere del cinema brasiliano. Nello stile degli anni ’20 la proiezione sarà accompagnata dal pianista Alberto Tafuri.  Tra i film in programma segnaliamo: Until the End of the World (mercoledì 5 giugno, ore 19:30, Cinema Massimo – Sala  Soldati), di Francesco De Augustinis, un viaggio ai confini del mondo – dall’Italia alla  Grecia, dalla Spagna al Senegal fino alla Patagonia cilena – diretto a indagare il  settore alimentare che cresce più rapidamente al mondo: l’allevamento intensivo di  pesci. Food for Profit (venerdì 7 giugno, ore 16:00, Cinema Massimo – Sala Cabiria), di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi, il coraggioso film campione di incassi che ha mostrato al grande pubblico gli orrori e le ricadute ambientali e sociali dell’industria della carne in Europa. The Here Now Project (mercoledÏ 5 giugno, ore 22:00, Cinema Massimo – Sala Cabiria), dei registi e produttori Jon Siskel e Greg Jacobs, un diario visuale degli effetti dei cambiamenti climatici visti con gli occhi delle persone comuni che ne sono state vittime e testimoni e che li hanno ripresi con i loro cellulari a partire dal 2021, anno cruciale di eventi estremi in ogni parte del mondo. Los ltimos (venerdÏ 7 giugno, ore 19:30, Cinema Massimo – Sala Cabiria), di Sebastián Peña Escobar, un film “on the road” con un’originale coppia protagonista: il caustico entomologo tedesco Ulf Drechsel e l’arguto ornitologo paraguaiano Jota Escobar. Scortati dal regista, i due intraprendono un viaggio in auto nella zona paraguaiana del Gran Chaco, la più grande regione verde americana dopo la foresta amazzonica, il cui ecosistema è minacciato dall’incessante deforestazione e dai continui incendi dolosi appiccati dagli allevatori di bestiame. Once Upon a Time in a Forest (sabato 8 giugno, ore 19:30, Cinema Massimo – Sala Cabiria), della pluripremiata regista Virpi Suutari, una moderna fiaba green ambientata nello scenario incantato delle foreste finlandesi di conifere ‒ uno dei grandi polmoni verdi d’Europa ‒ minacciate da attività di disboscamento sempre più intense.

Refugia Where life will persist di Anne de Carbuccia

Refugia, Where Life Will Persist è il più recente lavoro della regista franco statunitense Anne de Carbuccia, un’opera di docufiction, girata in Giappone, nella mistica e leggendaria isola di Yakushima con le sue foreste millenarie, cascate impetuose, flora e la fauna uniche.

Il programma completo si può leggere qui

La sede principale delle proiezioni è il Cinema Massimo – Museo Nazionale del Cinema di Torino, Via Giuseppe Verdi, 18.

L’ingresso e l’accesso a tutti gli eventi del Festival sono gratuiti.

 


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Festival CinemAmbiente 2022: il carbonio spiegato agli umani. Ecco il documentario vincente.

 

Il carbonio, che noi conosciamo poco, è al centro della nostra vita nel bene e nel male. Lo ha ben raccontato il film franco-canadese-australiano Carbon – The Unauthorised Biography di Daniela Ortega & Niobe Thompson, che  ha vinto il primo premio del Festival. «Un soggetto difficile reso comprensibile a tutti», ha motivato la giuria. E in effetti da Carbon apprendiamo senza mezzi termini che è questa sostanza la fonte della nostra esistenza, ma può essere anche la causa della nostra distruzione. Il carbonio è abile a camuffarsi in migliaia di composti diversi (vedi i diamanti), si lega con tutto e si autoriproduce. È energia solare che si accumula nel terreno, nelle piante, nel carbone, nel petrolio originato da antichissima vita marina. Ogni volta che bruciamo combustibili fossili liberiamo carbonio nell’atmosfera. Un presenza troppo marcata di questa sostanza aumenta l’effetto serra, che fino ad oggi è stato come una coperta calda che ha protetto il nostro pianeta, ma che in futuro ci può riscaldare a tal punto da rendere il pianeta invivibile per gli esseri umani. Il documentario in sintesi ci pone di fronte al dilemma del carbonio: non possiamo vivere senza, ma troppo ci fa male e ci illude.

A thousand fires

Che una sostanza naturale ci possa fra diventare ricchi è un antico credo. E in effetti dopo l’oro il petrolio è in molti casi riuscito in questo scopo facendo le fortune di molti paesi. Per questo in Myanmar poveri contadini pensano che poco petrolio estratto a mani nude valga più di qualunque prodotto agricolo. Ad affrontare questa storia ha pensato il regista del regista palestinese-britannico Saeed Taji Farouky con A Thousand fires. In Myanmar i coniugi Htwe Tin e Thein Shwe hanno abbandonato l’agricoltura per dedicarsi alla più redditizia estrazione del petrolio da un pozzo scavato nel terreno intorno alla loro casa. Il fenomeno dei giacimenti “artigianali” è diffuso nella regione di Magway. Ma la ricchezza resta un miraggio tanto che il figlio più grande sogna di diventare calciatore. E intanto la coppia si avvelena tutti i giorni cercando nell’acqua l’alleata purificatrice dai grassi dell’oro nero. Dell’inseguimento al denaro, che ci coinvolge tutti, tratta anche l’americano Hot money di Susan Kucera, che ha un protagonista inatteso nell’ex-comandante supremo della NATO Wesley Clark (guerra del Kosovo) e nel figlio Wes Clark jr., attivista e ambientalista. Il loro viaggio nell’attuale sistema finanziario in compagnia di esperti accademici ci mette di fronte al valore distorto che diamo alle cose.

Hot Money

Il cibo è dato per scontato mentre non lo è affatto. E se avremo fame non ci potremo mangiare la tv o il computer. Sono ormai 19 anni che siamo indotti a uno shopping compulsivo come segno di benessere, mentre non facciamo che inquinare. Le economie hanno bisogno oggi di 3$ di debito per produrre 1$ di PIL. Una crescita «infinita» basata su risorse finite. I due Clark si dicono certi che la Natura eroderà dalle fondamenta la nostra economia e la metterà in crisi. Mancherà presto l’acqua (già oggi succede), che serve anche a produrre energia. Abbiamo bisogno di energie rinnovabili e agricoltura rigenerativa per riportare la CO2 dal cielo alla terra e garantire la nostra sopravvivenza.

Accanto alle emergenze del clima e dell’inquinamento non è da sottovalutare anche quella delle allergie sempre in crescita e alle quali finché non sono gravi facciamo poco caso. Eppure possono essere mortali come illustra il francese Allergy Alert di Cosima Dannoritzer. Gli stravolgimenti ambientali sono all’origine della crescita dei casi di allergia. Ormai ogni ristorante chiede ai propri clienti in indicare le proprie allergie. Il fenomeno deriva dai detergenti chimici che usiamo nelle nostre case. Il detersivo della lavapiatti, per esempio, non scompare dopo il risciacquo, ma rimane in parte nella stoviglia e noi ingeriamo enzimi, tensioattivi, conservanti, profumazioni e colorazioni. Gli spazi verdi delle città sono progettati senza tener conto delle allergie provocate dai pollini.

Allergy alert

Si scelgono alberi solo impollinatori evitando quelli destinatari del polline, che così rimane nell’aria invece di essere assorbito. La fioritura dura più tempo del previsto a causa di stagioni irregolari, dove anche i temporali possono avere effetti negativi nel diffondere allergeni. Ma il documentario riserva una sorpresa sulla nutrizione dei bambini più piccoli. È diffusa la convinzione che durante lo svezzamento vadano evitati alimenti allergenici mentre sembra che la verità sia esattamente il contrario. Proprio per evitare allergie durante la crescita i bambini si dovrebbero abituare a tutti gli alimenti senza distinzioni. E anche un contatto più stretto con la natura a contatto con gli animali sarebbe in grado di prevenire ed evitare allergie. Tutto dimostrato da studi ed esperienze sul campo raccontate nel documentario.

In mezzo a tutte queste informazioni piuttosto catastrofiche sul mondo che abbiamo costruito e che credevamo e, in fondo, crediamo molto confortevole ci sono casi particolari di donne e uomini, che decidono di provare a invertire la tendenza. E’ il caso della famiglia protagonista di First we eat, diretto dalla canadese Suzanne Crocker. Due genitori decidono di mettere alla prova sé stessi, un figlio e due figlie. per un anno bandiscono dalla loro casa tutti i cibi del supermercato nutrendosi solo di cibo pescato, cacciato, raccolto nella natura selvaggia o coltivato. Il problema è che questa intrepida famiglia vive nel selvaggio Yukon a soli 300 km dal Circolo Polare Artico. E qui le condizioni climatiche non sono tra più favorevoli alla produzione di cibo vario e appetitoso. Mancano il sale, i grassi, lo zucchero, tre elementi che ogni giorno danno gusto e piacevolezza al nostro cibo abituale. L’inizio è davvero difficile anche perché ai genitori mancano le conoscenze culinarie. Le apprendono strada facendo e piano piano il cibo riesce a diventare più appetitoso. Quando dal forno sbuca una torta sembra quasi un miracolo. E l’interminabile anno trascorre con la famiglia in salute, un po’ più snella e soprattutto più consapevole del valore del cibo.

Il seme del futuro

E nel nostro paese cosa succede? Ci converrebbe uscire ogni tanto dalle nostre aree di conforto (casa, ufficio, locali pubblici) per saperne di più. Lo ha fatto lo scienziato Giorgio Vacchiano, esperto di gestione forestale, che lascia l’università per tornare nei boschi della sua infanzia in Valle d’Aosta, dove gli effetti negativi dell’emergenza climatica sono più devastanti. Il suo viaggio è raccontato le documentario di Francesca Frigo, Il seme del futuro. Passo dopo passo Vacchiano ci coinvolge nel progetto di recupero e prevenzione che elabora con altri ricercatori e scienziati. Elaborano una strategia per prevenire gli incendi, favorire la continua rigenerazione della foresta, consentire agli alberi di assolvere alla loro funzione di assorbire anidride carbonica e preservare la biodiversità.  Esseri umani e alberi uniti in unico destino.