
Filmus: il bambino e il bosco
Delle nostre parole, della nostra voce è densa la nostra vita e così anche i film. Eppure al di là di quei suoni umani la natura ne produce di suoi e non senza significato. Ce l’hanno rammentato alcuni cortometraggi presentati di proposito senza testo al Festival di Locarno. Nel francese Filmus (sezione Signs of life) il regista Clément Safra segue con la cinepresa in una foresta della Dordogna una donna rom col suo bambino e un poliziotto, che mai s’incontrano. Fuori dal contesto urbano questi personaggi, provvisoriamente spogliati dei loro ruoli, creano un loro nuovo linguaggio. Niente parole, solo gesti, i sussurri del bosco e dei suoi abitanti, gli alberi silenti, ma molto presenti. I tre sembrano cercare qualcosa, non hanno fretta, non hanno paura. Li guardiamo e all’improvviso scopriamo che senza sentirli parlare ci scordiamo di inquadrarli come siamo abituati e alla fine neanche c’interessa più chi. Siamo entrati con loro nella dimensione del bosco.

Arriere saison: Il Parco Imperiale di Kyoto libera il pensiero
Una dimensione simile è quella che ci ha proposto il film fuori concorso Arrière-saison (Fine stagione) di Jean-Claude Rousseau. Qui invece del bosco c’è il Parco Imperiale di Kyoto e il “dialogo” con la sua estetica degli abitanti della città, che lo percorrono in lungo e in largo tra aceri rossi, uccelli un po’ molesti, ponticelli e laghetti. Due bambini, un gruppo d’impiegati, una coppia in kimono, due donne eleganti, un ciclista. Tutti in silenzio in un ambiente dove la sua immutabilità esercita una benefica suggestione sui visitatori. E di come tutto si perpetui anche con un apparente cambiamento ha voluto parlare la cineasta lettone Laila Pakalniņa col suo cortometraggio Zirdziņ, hallo! (Ciao Cavallo!) presentato nella sezione Signs of Life. La regista ha filmato in diverse stagioni e ore del giorno gli stessi sette chilometri di strada sul confine orientale della Lettonia.

Zirdzin: primo attore un cavallo
Tra una scena e l’altra si nota come gli uomini operino cambiamenti, ma che questi siano solo illusori.«[…] Ogni tanto, dovremmo alzarci e scrollarci di dosso la quotidianità. Non occorre spingersi chissà dove, basterebbe andare là dove ci sono persone, uccelli, erba, alberi […]. Il film […] parla al tempo stesso della nostra comprensione fisica e spirituale del mondo. Ci mostra che non esistono soltanto gli uomini, ma anche gli uccelli, la nebbia, il sole, la notte e così via; che tutto esiste», ha spiegato Laila Pakalniņa, che non per caso ha dedicato il titolo a un cavallo, uno dei silenti protagonisti del cortometraggio. Da ognuno di questi film ci arriva il messaggio di quanto il distacco dalla quotidianità possa indurci a ricollocarci nell’ambiente e guardare con occhi diversi anche alla nostra alimentazione.