The Vegetarian Chance

So I am living without fats, without meat, without fish, but am feeling quite well this way. It always seems to me that man was not born to be a carnivore."(Albert Einstein) August 3, 1953

The Vegetarian Chance e il suo pubblico “occupano” il Monte Verità

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Il mercatino bio al Monte Verità

Il mercatino bio al Monte Verità

Al Monte Verità dopo oltre un secolo i vegetariani sono ancora di casa. Se ne sono ricordati i numerosi  partecipanti alla giornata Alimentazione vegetariana e ambiente organizzata il 23 ottobre da The Vegetarian Chance. Dalle 10.30 sotto una leggera pioggia, utile a enfatizzare nell’aria i profumi dell’autunno, le bancarelle dei produttori bio hanno accolto i visitatori. Cristina Masciorini di Bellinzona ha proposto frutta e verdura bio di stagione. Dalla Fattoria La colombera sono arrivati formaggi bio, farine di grano e polenta, cereali integrali. Prodotti bio da tutto il mondo erano reperibili sulla bancarella di Linea Bioverde di Giubiasco. Lortobio, che opera per insegnare l’agricoltura senza pesticidi, ha raccontato la biodiversità del mais esponendo sul suo tavolo pannocchie di diverse dimensioni e colori. Agnese Z’graggen animatrice del mercatino ha proposto i cibi vegetariani e vegani prodotti dalla sua Officina del Gusto.

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Artisti al lavoro nel laboratorio di Agnese Z’graggen

Spazio all’arte alle 11.30 con l’atelier di Marco Verzasconi, che usando colori vegetali a base di barbietola e pomodoro, ha stampato sul posto in serigrafia l’immagine di un uccellino distribuita poi in copia firmata a tutti i presenti. Di arte e natura ha poi trattato alle 13.30 Agnese Z’graggen, che ha trasformato il suo pubblico in pittori armandoli di pennelli da intingere in colori a base di prezzemolo, carota e barbabietola.

Un excursus sullo stato di salute del nostro pianeta è stato presentato dal documentario Terra di Yann Arthus Bertrand, che ci ha mostrato tutto quello che non vediamo:  i processi naturali, che creano la vita, l’emarginazione di animali e piante dalla nostra vita quotidiana, il futuro incerto di un pianeta non più in grado di soddisfare i nostri bisogni di sussistenza. Dopo questo grido di allarme per immagini sono saliti sul palco gli oratori della tavola rotonda, che hanno cercato di indicare percorsi virtuosi per interrompere la spirale di sfruttamento indiscriminato delle risorse e l’avvelenamento progressivo dell’ambiente, che ci dà nutrimento, ma anche gioia, spiritualità e visione del futuro.

 

Da sinistra: Francesco Panella, Gabriele Eschenazi, Pietro Leemann, Marco Ferrini, Lorenzo Sonognini

Da sinistra: Francesco Panella, Gabriele Eschenazi, Pietro Leemann, Marco Ferrini, Lorenzo Sonognini

Introdotti da Gabriele Eschenazi hanno preso la parola: Pietro Leemann, chef e alimentarista, presidente di The Vegetarian Chance, Francesco Panella, apicoltore, presidente di UNAAPI (Unione Apicoltori Italiani), Lorenzo Sonognini, ecologo e direttore della Fondazione Monte Verità, Marco Ferrini, fondatore e presidente del Centro Studi Bhaktivedanta.

Di seguito le sintesi degli interventi dei partecipanti:

Pietro Leemann

Recentemente i cittadini svizzeri hanno bocciato in un referendum la proposta di emanare leggi specifiche in difesa del pianeta così da ridurre sensibilmente entro il 2050 lo sfruttamento delle risorse naturali nel paese. I contrari sono stati il 68% e con la loro scelta gli svizzeri hanno dimostrato scarsa lungimiranza verso il futuro proprio e soprattutto delle nuove generazioni. Hanno temuto ripercussioni sulle loro condizioni di vita. L’economia prevale sull’ecologia. Ognuno pensa al suo piccolo giardino e non ha una visione d’insieme. Io stesso ricordo da ragazzo quando osservavo come una cartiera inquinava un laghetto vicino a casa mia e non mi rendevo conto delle conseguenze globali di questi fenomeni. Oggi tra i giovani c’è più consapevolezza e quindi nutriamo la speranza che ci sia una svolta concreta in favore dell’ambiente. La produzione di cibo è una fonte d’inquinamento e i depauperamento delle risorse naturali. Gli allevamenti intensivi e l’agricoltura industriale desertificano e impoveriscono territori enormi. Per questo dobbiamo pensare al vegetarianismo biologico come la soluzione migliore per vivere meglio sul nostro pianeta. E vivere meglio vuol dire essere felici, come oggi non siamo, mangiare con gusto, conoscere la meravigliosa biodiversità del pianeta. Il nostro concorso The Vegetarian Chance, che nel 2017 giungerà alla quarta edizione, va in questa direzione e stimola i cuochi a proporre una cucina vegetariana ricca di gusto, sostanza e principi.

 

L'artista ticinese Marco Verzasconi realizza una serigrafia colorata con succo di barbabietola e pomodoro

L’artista ticinese Marco Verzasconi realizza una serigrafia colorata con succo di barbabietola e pomodoro

Francesco Panella

Ho fatto da tempo una scelta vegetariana perchè ho orrore degli allevamenti intensivi, ma nello stesso tempo provvedo a rifornire i miei famigliari onnivori di carne da allevamenti biologici e rispettosi degli animali. Le api fanno parte di un sistema di relazioni complesso, hanno un rapporto col territorio unico. Per produrre 1 kg di miele percorrono 100mila km su un’estensione di territorio grande come 4000 campi di calcio. Il loro apporto alla produzione alimentare è enorme pur rappresentando solo il 3% delle specie viventi, costituite all’80% da insetti. Ma tutta questa varietà è messa in pericolo dall’agrochimica, che si contrappone all’agronomia. Il sistema di produzione agricola è sempre più indirizzato alla monocultura nutrita e protetta da sostanze chimiche, che finiscono nel nostro piatto senza che ce ne accorgiamo grazie al’uso di molecole sempre più piccole e meno individuabili. Ma la chimica non è utilizzata solo nelle piante ad uso alimentare, ma è anche ben presente  nei fiori, dove in più la legge non pone limitazioni e quindi facciamo attenzione quando regaliamo dei fiori! Contro questa deriva chimica possiamo agire cambiando la nostra dieta in senso più vegetariano, biologico, stagionale e non necessariamente a kilometro zero se questo significa incentivare un’agricoltura malsana. La mia proposta globale è quella di usare le api come indicatore ambientale. Sono loro le prime sentinelle di un’agricoltura biologica e sana.

Verdure variopinte sul tavolo di Agnese Z'graggen

Verdure variopinte sul tavolo di Agnese Z’graggen

 

Lorenzo Sonognini

Si parla continuamente di salvare la natura dimenticando che noi siamo la natura e quindi ciò che dobbiamo fare è ritrovare la nostra relazione con l’ambiente, che ci circonda. Abbiamo perso il senso delle conseguenze delle nostre azioni. Coltiviamo l’illusione di essere estranei a quello che facciamo. E anche le misurazioni ambientali spesso non aiutano, dato che si trova quello che si cerca. E dunque potrebbero esserci in atto fenomeni d’inquinamento, che non conosciamo. All’interno della realtà naturale dobbiamo accettare di relativizzare l’uomo e puntare a uno sviluppo sostenibile, che non sia dettato più solo dai valori economici, ma soprattutto dai valori ambientali e sociali, quelli che ci consentiranno di sopravvivere. Adottiamo comportamenti come lo Zero waste, che invita a produrre meno rifiuti e a utilizzare quelli che produciamo come materia prima secondaria e non come materia da distruggere. Di tutti questi principi erano consci i pionieri del Monte Verità un secolo fa quando adottarono uno stile di vita “vegetabilista” in comunione con la natura e proposero un modello. La loro comunità non sopravvisse, ma il loro pensiero sì tant’è vero che oggi è tornato prepotentemente d’attualità.

Marco Ferrini

Nel nostro rapporto con l’ambiente non dobbiamo dimenticare che la vita è relazione sia con gli esseri umani che con la natura. La nostra visione del mondo deve essere così una visione d’insieme. In una prospettiva universale possiamo collocare le nostre aspirazioni e i nostri dubbi. L’insegnamento dei Veda ripreso anche da Budda, “Ahimsa” (la non violenza) ci consente di sviluppare un rapporto con l’insieme senza creare una frattura tra osservatore e osservato. Nel rapportarci all’universo non dobbiamo elaborare, come spesso succede, una cultura priva di “compassione”, un concetto, che non è sentimentalismo e neanche un’aggiunta di superfluo, ma piuttosto presa di responsabilità. Si parla spesso di salvare la Terra, ma la realtà è che la Terra si salva da sola. Ciò che non si salva è il genere umano. La persona è qualcosa di più di uno strumento della specie. Liberiamoci dall’egoismo ed esercitiamo la compassione verso tutti gli esseri viventi. La prima forma d’inquinamento culturale è la mancanza di amore e senza di esso nessun protocollo del cibo può funzionare e nessuna tecnica può sopperire alla mancanza di morale. Ci si intossica perché non si è felici e dunque un comportamento virtuoso ci può indurre a nutrirci meglio.

 

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