
Carlin Petrini a Expo durante il dibattito organizzato da TVC
Carlin Petrini pubblica oggi su la Repubblica alla vigilia della conferenza di Parigi sul Clima un interessante articolo dal titolo Perché l’agricoltura incide sul clima . Petrini ci ricorda che Su scala mondiale, l’agricoltura e l’allevamento sono i più grandi utilizzatori di acqua dolce, consumando il 70% delle risorse idriche disponibili. I fertilizzanti a base di azoto rappresentano il 38% delle emissioni dell’agroalimentare e che Allevamenti industriali sempre più grandi producono grandi quantità di deiezioni, creando problemi di inquinamento e smaltimento; il mangime arriva da monocolture intensive, spesso lontane centinaia o migliaia di chilometri, e causa di deforestazione. Il settore zootecnico — di conseguenza — è responsabile del 14% dei gas serra. Ma a Parigi non se ne parlerà. Attribuire il cambiamento climatico anche alla produzione di cibo è un tabù. Eppure nutrire il pianeta era il tema dell’Expo e che la produzione del cibo sia legata alla qualità dell’ambiente era evidente in tutti i padiglioni, dove i vari paesi raccontavano orgogliosi le virtù dei loro ambienti naturali, della loro biodiversità. Petrini con Slow Food lancia l’appello Non mangiamoci il clima, che merita senz’altro una firma. Anche se non è esplicitato il discorso di Petrini indirizza al vegetarianismo, a un’alimentazione, dove la carne non sia più al centro dell’alimentazione quotidiana. Bisteccherie e hamburgherie prolificano vicino a nuovi locali vegetariani. Ristoratori e consumatori sono posti di fronte a delle scelte, che seguono a volte troppo l’istinto e l’abitudine senza guardare al futuro come invece fa Petrini.