The Vegetarian Chance

So I am living without fats, without meat, without fish, but am feeling quite well this way. It always seems to me that man was not born to be a carnivore."(Albert Einstein) August 3, 1953


Lascia un commento

Camera con vista sui rifiuti. A un doc austriaco il Pardo verde WWF del Locarno Film Festival

Una collina verde e una di rifiuti nel Sud est Asiatico

Tutti i giorni ciascuno di noi ingaggia una lotta con i rifiuti che produce. Il guaio è che questa nostra produzione di rifiuti è sempre più consistente e soprattutto rapida. Un sacchetto può rimanere tra le nostre mani pochi minuti, e così il cibo, che non mangiamo. Più tempo durano i vestiti e gli apparecchi elettronici, ma il nostro desiderio di sostituirli in fretta è quasi spasmodico. Ma tutti questi rifiuti dove finiscono e chi se ne occupa? Non ce lo domandiamo abbastanza ed è proprio per questo che il documentario Matter Out of Place ci dà una risposta cruda, senza scrupoli e a tratti ironica. Il documentario, diretto dal regista austriaco Nikolaus Geyrhalter, è stato presentato al concorso internazionale del 75 Locarno Film Festival e ha vinto il Pardo Verde WWF istituito quest’anno per la prima volta.

Il regista austriaco Nikolaus Geyrhalter riceve il Pardo Verde Ti-Press / Massimo Pedrazzini

Con le sue immagini senza commento Geyrhalter ci guida in un viaggio sul destino dei rifiuti nel mondo: dai luoghi più «idilliaci» come le Maldive e una stazione sciistica svizzera fino al Sudest asiatico dove le montagne di rifiuti accumulate fanno parte del paesaggio. In altezza rivaleggiano con le colline circostanti. E dagli odori che dispensano nell’atmosfera da spettatori siamo, per fortuna, dispensati. Nel resort di lusso ai tropici alla vista dei turisti invece dei pesci emergono dall’acqua ovunque oggetti in plastica. In Svizzera sanno proteggere le loro montagne molto amate dagli sciatori, ma per farlo devono far scendere a valle camion appesi alla funivia.

Nel Vallese in Svizzera una funivia porta a valla un camion di rifiuti

E alla fine eliminare tutto questo pattume sembra impossibile. Ne produciamo più di quanto riusciamo a smaltirne. Ce lo dimostra Geyrhalter quando ci fa incontrare gli oscuri protagonisti dello smaltimento: quelli che bruciano o seppelliscono e quindi inquinano e quelli che raccolgono, per lo più volontari, che credono nel riciclo. Proprio questa soluzione, secondo il regista, non è poi così risolutiva come ci illudiamo. «Per riciclare consumiamo molta energia e produciamo di fatto nuova materia da usare e riciclare», ha detto rispondendo a una mia domanda sul riciclo in un incontro col pubblico. «Non sta a me proporre soluzioni. Io faccio il regista e racconto un problema con le mie immagini. Poi sta ad altri trarre delle conclusioni sull’impatto della nostra esistenza su questo Pianeta». Il pensiero del regista traspare anche dal titolo Matter Out of Place, che come spiega in una didascalia significa: «qualunque oggetto o impatto che non è naturalmente parte dell’ambiente immediato». Nikolaus Geyrhalter è da sempre impegnato sul fronte ambientale e questo film completa una sua trilogia composta anche da Unser täglich Brot, 2005 sulle ipocrisie delle industrie alimentari e da Earth, 2019, che raccontava le devastazioni provocate dalle miniere a cielo aperto.

TRAILER

Gabriele Eschenazi

Pubblicità


Lascia un commento

Biodiversità e memoria. Tre storie del Locarno Film Festival in Paraguay, Polonia e Cambogia

Apenas-el-sol_Still01

Mateo Sobode Chiqueño nel docufilm Apenas el sol registra in Paraguay canti e racconti di altri Ayoreo come lui per preservarne la cultura.

Nella biodiversità c’è la memoria della Terra, un sapere che non possiamo permetterci di perdere. E in questa biodiversità ci siamo anche noi esseri umani con i nostri saperi e le nostre culture. Più ci omogeneizziamo culturalmente, più diventiamo ignoranti. Più cancelliamo ciò che erroneamente consideriamo primitivo e meno sapremo gestire un futuro, del quale oggi improvvisamente abbiamo timore. Diversi sono i popoli in via di estinzione nel mondo, uno di questi sono gli Ayoreo, che hanno vissuto a lungo nella foresta paraguayana senza contatti con la civiltà bianca. Di loro ci ha raccontato al Locarno Film Festival il docufilm Apenas el Sol inserito nella sezione Panorama Suisse e diretto dal regista Arami Ullón.  La macchina da presa segue Mateo Sobode Chiqueño, che con un vecchio apparecchio a cassette registra le testimonianze di altri Ayoreo come lui costretti a lasciare il loro habitat, la foresta. Ne deriva un quadro struggente che mette sotto accusa l’industria agricola e i missionari religiosi che hanno operato per mettere sotto il loro controllo l’area. Gli Ayoreo così sradicati dalla foresta si sono improvvisamente ritrovati poveri e ammalati. L’equilibrio della loro vita è stato rotto. Nel loro ambiente erano sani e «ricchi» delle loro conoscenze e abitudini. Il ritorno nella foresta è la soluzione e Mateo si sottopone a un rito speciale, che lo spinga a tornare alle origini. 

Danusia con i suoi cani nel film polacco Bukolica

Lontane dalla modernità per scelta vivono anche Danusia e la figlia Basia, protagoniste del film polacco Bukolika presentato nella sezione Settimana della critica e diretto da Karol Palka. Le due donne vivono in una sorta di bolla dove una routine quotidiana le pone tutti i giorni in contatto con  la natura, che non è fatta solo di piante e animali, ma anche si spiriti dei morti, con i quali dialogare e dei quali avere timore. Non è una vita semplice e il regista con mano leggera e rispetto segue le due donne senza interferire. Crea così una sorta di affresco che ci ricorda, se ce ne fosse bisogno, che vivere nella natura comporta fatica e soprattutto un approccio diverso al mondo moderno. Danusia e Basia sono consapevoli della propria scelta e mantengono un contatto con la modernità. Cosa c’è di più moderno del loro inforcare la bicicletta? Ma stanno bene così, hanno trovato un loro equilibrio.

Nel cortometraggio cambogiano Side by Side, presentato nella sezione Open Doors, il tema è il passaggio della memoria tra le generazioni. Una coppia di abitanti di un villaggio rurale racconta alla nipote la storia del loro matrimonio sotto la dittatura dei Khmer Rossi. Il giovane Polen Ly, che ha diretto e prodotto il film, descrive come da un connubio imposto sia poi nato col tempo l’amore. L’imposizione alla fine non cancella i sentimenti per sostituirli con rigidi automatismi molto simili a quelli che ci impone oggi la tecnologia. Polen Ly accompagna lo spettatore in una realtà dove il cibo si raccoglie direttamente dalla natura tutti i giorni. In primo piano l’enorme jackfruit molto nutriente e sostitutivo della carne come molti vegani sanno anche in Italia. Nipote e nonni lo raccolgono come un dono della natura. 

Nonna e nipote raccolgono jackfruit

Nel cortometraggio Side by Side nonna e nipote raccolgono il nutriente e voluminoso jackfruit per i loro pasti


Lascia un commento

Al Locarno Film Festival la libertà della natura e non dalla natura

L’adolescente Mora nel film argentino Zahorì con il suo amico Nazareno, anziano Mapuche, in uno spazio aperto della Patagonia.

Ci sono film ambientati in un contesto urbano e altri in un contesto naturale. Nel secondo caso gli spettatore  guarda a piante e animali come coprotagonisti silenti della vicenda che seguono. Al 74 Locarno Film Festival di quest’anno (4/14 agosto) nelle diverse sezioni sono stai proposti film dove la relazione degli umani con i loro simili non sono più importanti della loro relazione con l’ambiente che li circonda e dal quale ricevono le risorse per la loro esistenza.
Lo percepisce l’adolescente Mora (Lara Viaena Tortosa), che nel film argentino Zahorì, compie il suo percorso da un ecologismo imposto a un ecologismo consapevole e scelto. Il film è stato presentato nella sezione Cineasti del Presente con la regia dell’argentina Marí Alessandrini. A fare da scenografia i paesaggi infiniti della Patagonia, dove una coppia italo-svizzera con i suoi due bambini è venuta a realizzare il sogno di vivere in simbiosi con la natura nutrendosi di vegetali da loro stessi coltivati. Un’unica scuola locale rimane il contatto con «la civiltà», che cerca la sua rivincita nelle figure di due mormoni in cerca di nuovi adepti. Mora come ogni adolescente mira ad affermare la propria personalità e lo fa esplorando ispirata dal vecchio Mapuche, Nazareno, che ha in Zahorì, un cavallo bianco il suo migliore amico. Proprio la fuga di Zahorì inseguito da Mora ci trasmette il desiderio di una libertà scevra da ogni obiettivo preciso, un impulso innato che consente a Mora di costruire la propria personalità senza le contaminazioni della civiltà urbana. E allora anche il senso della scelta estrema dei propri genitori può essere meglio compresa.

Yaya e Lennie - The Walking Liberty_6

Yaya e Lennie nella giungla nell’omonimo film di animazione presentato in anteprima in Piazza Grande a Locarno

La ricerca di questa libertà nella natura è il tema anche di Yaya e Lennie – The Walking Liberty film di animazione di Alessandro Rak, presentato in Piazza Grande. L’autore immagina e disegna con maestria una Napoli trasformata in una foresta tropicale impenetrabile, dove un regime denominato non a caso «L’Istituzione» cerca di «riportare ordine» con la forza e il monopolio delle risorse tecnologiche, simbolo del potere umano. Ma la giovane Yaya non smette di inseguire il sogno di una società libera «La Terra della musica». Ad accompagnarla in questa avventura c’è Lennie, un gigante tanto buono e forte quanto ingenuo e infantile. Il loro percorso è precario come sottolinea la stessa Yaya dicendo a più riprese: «La nostra vita non vale un filo d’erba».

Alessandro_Rak_2

Alessandro Rak regista di Yaya e Lennie

La protagonista ci ricorda come la nostra vita valga in realtà quella di ogni altro essere vivente sul pianeta. La giungla, che siamo abituati ad evocare come sinonimo di caos parlando di «legge della giungla» in realtà ha le sue regole i suoi equilibri, che prescindono dall’essere umano. La libertà di natura si contrappone a quella tecnologica, alla quale oggi diamo tanto valore. Ma la vera connessione, che dovremmo cercare non è quella con il wifi, ma piuttosto con le proprie radici e l’ambiente.