The Vegetarian Chance

So I am living without fats, without meat, without fish, but am feeling quite well this way. It always seems to me that man was not born to be a carnivore."(Albert Einstein) August 3, 1953


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Locarno Film Festival – Cineasti del Presente: Pardo d’oro a un manifesto ecologico vietnamita

Tóc, giấy và nước… La vita fuori città scorre lentamente

Il Locarno Film Festival nella sua storia ha sempre avuto un debole per il cinema asiatico. Indimenticabile il direttore Marco Müller quando sul palco di Piazza Grande traduceva in diretta dal cinese le dichiarazioni di registi e attori cinesi. Quest’anno sugli scudi è andato il Vietnam col film Tóc,giấy và nước (Capelli, carta, acqua) di Nicolas Graux, Trương Minh Quý. Il film è stato premiato col Pardo d’Oro nella sezione Cineasti del Presente. Colpisce in questo film la delicatezza con la quale affronta il tema del contrasto tra una cultura millenaria e una cultura contemporanea che in poche decine di anni sta spazzando via in fretta tutto il passato. La signora Cao Thị Hậu, un’insegnante, agisce con costanza e determinazione per difendere la sua lingua Ruc. E lo fa prendendosi cura del nipote Cao Xuân Doanh affinchè insieme a vietnamita e inglese parli e scriva anche nella lingua più antica. L’anziana Cao Thị Hậu vive in un villaggio insieme alla famiglia, ma le sue origini sono in una grotta dove vorrebbe tornare. E quando va in città si trova travolta e disorientata dalla massa di gente e di auto che la circonda. Allo stesso tempo riesce a rimanere sempre sé stessa così da tornare sempre con tranquillità al suo punto di partenza. Il contrasto è evidente e gli spettatori di fronte alla saggezza di questa donna percepiscono che forse la civiltà è un’altra, non quella alla quale sono abituati. Ogni giorno sembra uguale al precedente con la continua ricerca di cibo per il sostentamento, ma questa ripetitività non sembra poi così diversa da quella di due sue nipoti che si guadagnano da vivere lavorando in fabbrica a Saigon. Immagini e suoni ci parlano di un mondo ricco di valori a rischio scomparsa. Insieme a un linguaggio si rischia di cancellare un intera civiltà. Si fa piazza pulita per lasciare il vuoto. Un approccio sinceramente ecologico ci impone di preservare la biodiversità della natura e insieme ad essa la biodiversità delle persone e delle civiltà. Gli OGM non si nascondono solo nei vegetali o negli animali, ma anche in noi stessi sempre più inutilmente omologati.


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Al Locarno Film Festival l’apocalisse del clima lascia speranza

La bambina Moon viaggia verso il futuro in Mare’s Nest   Copyright-Ben Rivers

Il Locarno Film Festival si svolge in estate e questa è la stagione nella quale in Europa più si avverte l’emergenza climatica e il suo impatto sulla nostra vita. E proprio alcuni film del Festival affrontano questo tema a volte in forma apocalittica in altre scegliendo un approccio poetico apparentemente meno angosciante nell’immediato. Don’t let the sun (sezione Cineasti del Presente) della svizzera Jaqueline Zünd, girato a Milano, ci trascina in silenzio di sera in una città spettrale costellata di palazzi illuminati e dove un’insegna di avverte che la temperatura esterna è di 49°.Un caldo estremo che influisce psichicamente sulle persone modificando l’attitudine emotiva degli uni verso gli altri fino a ridurla quasi a zero. E l’antidoto è un’azienda che vende relazioni simulate dove lavora Jonah, il protagonista. Proprio a lui viene assegnato il ruolo di padre di Nika, una giovane ragazza, e questo metterà in crisi il suo equilibrio fino a rovinargli la vita. In quartieri vuoti, anonimi e poco illuminati i protagonisti si confrontano spesso in silenzio con la luce, nemica e amica, ad accompagnarli.

Don’t Let the Sun_02_Copyright-Lomotion

Il sole con le sue albe e tramonti è lì per dare un senso all’esistenza. Di un caldo che opprime e stravolge le persone in città aveva già parlato film di Ginevra Elkann Te l’avevo detto, mentre l’idea delle relazioni simulate è presente in uno degli episodi della serie fantascientifica Extrapolations di Apple Tv tutta dedicata al progressivo mutamento climatico.

Un immaginario distopico del futuro caratterizza anche il coreano The Fin (sezione Cineasti del Presente) di Syeyoung Park. Qui si immagina che l’inquinamento di acque e pesci arrivi a provocare mutazioni tali da dividere la società in padroni e schiavi, gli Omega. Il film propone una combinazione perversa di potere dittatoriale e ambiente ostile alla vita.

The Fin_1_Copyright-Syeyoung Park

Gli Omega si danno alla macchia, i «sani» si dilettano a pescare pesci non contaminati da vasche artificiali. Un muro di 4000 km divide la Corea unificata tra «sani» e «malati». Ma il vero nemico è l’acqua inquinata, mentre quella pura scarseggia e i patrioti la risparmiano. E le loro facce perennemente sporche sono lì a dimostrarlo. Da notare l’abilità di Syeyoung Park nel trasmettere l’angoscia per l’apocalisse climatica attraverso un sapiente uso degli effetti visuali e dei costumi.

Ad aiutarci a recuperare un momento di serenità riguardo al nostro futuro di umani su questo pianeta provvedono il film fiabesco Mare’s Nest del britannico Ben Rivers (Concorso Internazionale) e il film semiarcheologico As Estacoes della portoghese Maureen Fazendeiro (Concorso Internazionale). Il primo racconta il viaggio di una bambina in un mondo senza adulti dove la civiltà è stata annientata: quel mondo che gli adulti temono di lasciare rovinato alle future generazioni. Ma lo sguardo di Moon, attrice figlia di amici del regista, è sereno come la piccola tartaruga che sta con lei. Nel suo percorso incontra solo bambini e fa domande. Parla con una saggia in un eremo di montagna facendosi aiutare da un’interprete per comprendere una lingua a lei sconosciuta. In un altro luogo trova bambini, che recitano per lei e le mostrano altri modi di vivere. Ogni tappa è un capitolo che  lascia intravedere una speranza di rinascita grazie a generazioni «non inquinate» nel loro pensiero. Per Moon si tratta di un viaggio senza fine come indica l’ultima scena. Mare’s Nest è l’adattamento dell’opera teatrale in un unico atto The Word for Snow di Don DeLillo (2007). «Volevo creare un mondo di bambini logorato dall’incertezza e che fosse specchio delle ansie globali, e insieme dare un po’ di speranza», ha spiegato Ben Rivers. Dal futuro al passato si viaggia anche con As Estacoes (le stagioni) tutto dedicato alla regione portoghese dell’Alentejo. Il paesaggio è protagonista dominante e si incentra sui dolmen studiati da Georg e Vera Leisner, due archeologhi tedeschi, che identificarono in Portogallo negli anni’50 e ‘60 circa 4000 antichi monumenti.

As Estacoes Copyright-Marianne Andrea Borowiec

Le loro lettere ai parenti in Germania sono lette durante il film per dare vita alle pietre inanimate. Ma non di sole pitture rupestri vive l’Alentejo, teatro di un passato di lotte politiche durante la rivoluzione di garofani. Ne parlano gli anziani che raccontano gli scioperi dei lavoratori contro i proprietari terrieri. Le epoche storiche diverse sono «le stagioni» e così sovrapposte trasmettono la dimensione poetica e leggendaria dell’Alentejo. «Un film archeologico che scava nel paesaggio, nelle voci e nei gesti delle genti dell’Alentejo, per rivelare le tracce di una storia condivisa fatta di guerre e rivoluzioni, paura e resistenza, permanenza e metamorfosi» spiega la regista Maureen Fazendeiro.


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Al Festival di Locarno tre film che scavano nella terra e nell’anima

Nel film Raíz il ragazzo Feliciano con il suo affezionato lama Ronaldo

Siamo tutti ubriachi di tecnologia. Abbiamo in mano un potere che abbiamo sempre sognato: premere un bottone e vedere una persona lontana, comprare all’istante un oggetto, ricevere una risposta immediata a una qualunque domanda, catturare per sempre un’immagine di vita, ricevere del cibo sul tavolo. La vita sembra terribilmente facile, ma tutta questa sarabanda sta togliendo qualcosa a noi e a qualcun altro, che non conosciamo. Tre pellicole del Locarno Film Festival, 77esima edizione, ci aprono gli occhi in questa direzione dotandoci anche di guide educate ed educative.

In Raíz (sezione Open Doors) di Franco Garcia Becerra Feliciano, pastore di alpaca di otto anni, è un appassionato di calcio: ha chiamato Ronaldo il suo animale preferito che coinvolge nel suo tifo sfegatato per la qualificazione del Perù alla Coppa del Mondo. C’è sintesi tra vita pastorale e spettacolo sportivo osservato da un piccolo tv. Ma una compagnia mineraria viene a mettere in pericolo i suoi sogni e il suo equilibrio. Bulldozer si apprestano a scavare per cercare quei minerali rari, che tanto servono ai nostri dispositivi. I pastori si ribellano all’invasione e all’inquinamento dei terreni e del lago. I primi a pagare sono i lama uccisi senza scrupoli. Feliciano cerca disperatamente il suo Ronaldo con il suo fedele cane Rambo. Alla fine lo trova. Il suo Perù si qualifica. La battaglia continua.

Nel film Fario il ricercatore Lèo scopre in laboratorio i danni da scavi per metalli rari

Metalli rari sono al centro degli interessi contro i quali si trova a combattere Lèo, giovane protagonista di Fario, della regista francese Lucie Prost (Cineasti del Presente). Torna dopo anni di vita a Berlino nel suo villaggio francese per vendere i terreni ereditati dal padre. Peccato che li stia per trasferire a un’azienda che ne farà un pessimo uso: trivellazione per cercare metalli rari. Il conseguente inquinamento del fiume sta per inquinare anche la sua anima, i suoi sentimenti verso il padre, la madre e la sorella minore con le quali va a convivere. Lèo non si arrende, affronta i suoi ricordi, i suoi sentimenti e la realtà avvelenata che si trova di fronte. Analizza le acque inquinate in un laboratorio improvvisato con l’appoggio di un’amica di infanzia, che lo aiuta anche a liberarsi dalle droghe, con le quali cerca di tenere sotto controllo le sue crisi di panico.  Il protagonista guarda dentro sé stesso e contemporaneamente dentro la società che lo circonda. Un processo di introspezione che ci coinvolge direttamente.

E se il rapporto con lo sviluppo è problematico per un giovane come Lèo, non lo è da meno per l’anziano Jake Williams, eremita, che vive da quarant’anni in una roulotte in una foresta delle Highlands

Nel film Bogancloch l’eremita Jake Williams si concede un bagno caldo

scozzesi. È lui il protagonista reale di Bogancioch diretto dall’inglese Ben Rivers e presentato nella sezione Concorso Internazionale pur essendo in parte un documentario. Bianco e nero, 16 e 35 mm sottolineano ancora di più l’effetto straniante per lo spettatore, che inizialmente fatica a comprendere la routine di Jake fino a capire che la sua routine è anche la nostra. Siamo contaminati dall’ansia dell’accumulo di oggetti, esperienze, persone (social network, rubriche telefoniche chilometriche). Il «mondo reale» entra nella vita dell’eremita in forma surreale con l’apparire di personaggio esterni come un gruppo di cantori. Jake non si scompone mai, non è a disagio e trova il massimo del piacere in un bagno caldo in una vasca all’aperto, nel quale «si esibisce» verso la fine del film.