
La voie royale Sophie sotto esame al Politecnico
Il dualismo tra città e campagna esiste fin dai tempi di Esopo, che ben lo rappresentò in una sua favola. Gli ultimi cent’anni ci danno vincente la città sulla campagna. E’ il luogo dove si consuma, dove gli esseri umani interagiscono più intensamente e in molteplici forme: culturali, commerciali, alimentari, sessuali. Da quando, però, l’inquinamento, stress e malattie contagiose spaventano di più si avverte una controtendenza in favore della campagna. Due film presentati al Locarno Film Festival in sezioni differenti ben rappresentano l’antico dualismo e la sua problematicità. In La voie royale (sezione Piazza Grande) del regista svizzero Frédéric Mermoud una ragazza di campagna, Sophie, insegue a Lione il sogno di iscriversi al prestigioso Politecnico locale. Dietro ha una famiglia di piccoli allevatori di maiali schiacciati dall’industria agroalimentare, davanti ha invece un ambiente ostile e classista dove tutti sgomitano per arrivare al successo. In entrambe le situazioni la lotta è impari sia per Sophie che per la sua famiglia. Gli avversari sono crudeli, indirizzati al profitto e al dominio. La protagonista ne è via sempre più consapevole tanto da avere la forza di dichiarare il suo «manifesto» davanti al suo esaminatore. «Questo mondo indirizzato solo al profitto va cambiato. Io voglio farlo dal suo interno», dice. E proprio lì tra i maiali di famiglia Sophie riceve la notizia della sua ammissione al Politecnico. Padre e fratello l’abbracciano: sembrano aver anche loro capito che il mondo deve cambiare direzione. «Soldi o potere. Per cosa sei qui?» Le chiede una collega il primo giorno di università. «C’è anche altro» risponde Sophie interpretata con credibilità dall’attrice Suzanne Jouannet. Dalla campagna alla città arriva energia positiva per gli umani e speriamo poi magari anche per i maiali.

Franck esausto ai piedi del suo trattore consolato da una mucca
A compiere un percorso inverso a quello di Sophie è il parigino Franck, ricercatore, in 5 Hectares (sezione Fuori concorso) della regista francese Émilie Deleuze. Franck lascia agio, carriera e relazioni per comprarsi cinque ettari di terra in campagna nel Limousin, il minimo per poter ottenere lo status di agricoltore e non caricarsi di un impegno produttivo troppo gravoso. Il trasferimento, come è facile attendersi, non è agevole. Franck non sa come cominciare e scopre che l’ambiente che lo circonda è ostico. Abbiamo la conferma che tra villici e cittadini esiste un’organica e diffusa diffidenza. Se il cittadino vuole da una parte riaffermare la sua «civiltà» attraverso educazione, ma anche fermezza e risolutezza, dall’altra il villico non ama gli intrusi che attentano al suo stile di vita. Così il cittadino Franck litiga da subito con un agricoltore che vuole far pascolare gli animali nel suo terreno e dall’altro poi trova in un agognato trattore lo status symbol che ne dovrebbe consacrare l’integrazione nell’ambiente. Ma pagare non basta per «meritarsi» la terra. Nulla riesce troppo bene a Franck, in crisi anche con la moglie hostess, ma il suo anelito di libertà dalle costrizioni della città lo esalta fino ad esagerare nei comportamenti che gli rivelano istinti a lungo repressi come rabbia, invidia e irrefrenabile passione. Quest’ultima alla fine prevale e Franck trova la sua dimensione ai piedi del suo sgangherato trattore. La campagna ottiene la sua rivincita.

