
L’adolescente Mora nel film argentino Zahorì con il suo amico Nazareno, anziano Mapuche, in uno spazio aperto della Patagonia.
Ci sono film ambientati in un contesto urbano e altri in un contesto naturale. Nel secondo caso gli spettatore guarda a piante e animali come coprotagonisti silenti della vicenda che seguono. Al 74 Locarno Film Festival di quest’anno (4/14 agosto) nelle diverse sezioni sono stai proposti film dove la relazione degli umani con i loro simili non sono più importanti della loro relazione con l’ambiente che li circonda e dal quale ricevono le risorse per la loro esistenza.
Lo percepisce l’adolescente Mora (Lara Viaena Tortosa), che nel film argentino Zahorì, compie il suo percorso da un ecologismo imposto a un ecologismo consapevole e scelto. Il film è stato presentato nella sezione Cineasti del Presente con la regia dell’argentina Marí Alessandrini. A fare da scenografia i paesaggi infiniti della Patagonia, dove una coppia italo-svizzera con i suoi due bambini è venuta a realizzare il sogno di vivere in simbiosi con la natura nutrendosi di vegetali da loro stessi coltivati. Un’unica scuola locale rimane il contatto con «la civiltà», che cerca la sua rivincita nelle figure di due mormoni in cerca di nuovi adepti. Mora come ogni adolescente mira ad affermare la propria personalità e lo fa esplorando ispirata dal vecchio Mapuche, Nazareno, che ha in Zahorì, un cavallo bianco il suo migliore amico. Proprio la fuga di Zahorì inseguito da Mora ci trasmette il desiderio di una libertà scevra da ogni obiettivo preciso, un impulso innato che consente a Mora di costruire la propria personalità senza le contaminazioni della civiltà urbana. E allora anche il senso della scelta estrema dei propri genitori può essere meglio compresa.

Yaya e Lennie nella giungla nell’omonimo film di animazione presentato in anteprima in Piazza Grande a Locarno
La ricerca di questa libertà nella natura è il tema anche di Yaya e Lennie – The Walking Liberty film di animazione di Alessandro Rak, presentato in Piazza Grande. L’autore immagina e disegna con maestria una Napoli trasformata in una foresta tropicale impenetrabile, dove un regime denominato non a caso «L’Istituzione» cerca di «riportare ordine» con la forza e il monopolio delle risorse tecnologiche, simbolo del potere umano. Ma la giovane Yaya non smette di inseguire il sogno di una società libera «La Terra della musica». Ad accompagnarla in questa avventura c’è Lennie, un gigante tanto buono e forte quanto ingenuo e infantile. Il loro percorso è precario come sottolinea la stessa Yaya dicendo a più riprese: «La nostra vita non vale un filo d’erba».

Alessandro Rak regista di Yaya e Lennie
La protagonista ci ricorda come la nostra vita valga in realtà quella di ogni altro essere vivente sul pianeta. La giungla, che siamo abituati ad evocare come sinonimo di caos parlando di «legge della giungla» in realtà ha le sue regole i suoi equilibri, che prescindono dall’essere umano. La libertà di natura si contrappone a quella tecnologica, alla quale oggi diamo tanto valore. Ma la vera connessione, che dovremmo cercare non è quella con il wifi, ma piuttosto con le proprie radici e l’ambiente.