
Tóc, giấy và nước… La vita fuori città scorre lentamente
Il Locarno Film Festival nella sua storia ha sempre avuto un debole per il cinema asiatico. Indimenticabile il direttore Marco Müller quando sul palco di Piazza Grande traduceva in diretta dal cinese le dichiarazioni di registi e attori cinesi. Quest’anno sugli scudi è andato il Vietnam col film Tóc,giấy và nước (Capelli, carta, acqua) di Nicolas Graux, Trương Minh Quý. Il film è stato premiato col Pardo d’Oro nella sezione Cineasti del Presente. Colpisce in questo film la delicatezza con la quale affronta il tema del contrasto tra una cultura millenaria e una cultura contemporanea che in poche decine di anni sta spazzando via in fretta tutto il passato. La signora Cao Thị Hậu, un’insegnante, agisce con costanza e determinazione per difendere la sua lingua Ruc. E lo fa prendendosi cura del nipote Cao Xuân Doanh affinchè insieme a vietnamita e inglese parli e scriva anche nella lingua più antica. L’anziana Cao Thị Hậu vive in un villaggio insieme alla famiglia, ma le sue origini sono in una grotta dove vorrebbe tornare. E quando va in città si trova travolta e disorientata dalla massa di gente e di auto che la circonda. Allo stesso tempo riesce a rimanere sempre sé stessa così da tornare sempre con tranquillità al suo punto di partenza. Il contrasto è evidente e gli spettatori di fronte alla saggezza di questa donna percepiscono che forse la civiltà è un’altra, non quella alla quale sono abituati. Ogni giorno sembra uguale al precedente con la continua ricerca di cibo per il sostentamento, ma questa ripetitività non sembra poi così diversa da quella di due sue nipoti che si guadagnano da vivere lavorando in fabbrica a Saigon. Immagini e suoni ci parlano di un mondo ricco di valori a rischio scomparsa. Insieme a un linguaggio si rischia di cancellare un intera civiltà. Si fa piazza pulita per lasciare il vuoto. Un approccio sinceramente ecologico ci impone di preservare la biodiversità della natura e insieme ad essa la biodiversità delle persone e delle civiltà. Gli OGM non si nascondono solo nei vegetali o negli animali, ma anche in noi stessi sempre più inutilmente omologati.

